Regia di Ole Bornedal vedi scheda film
29 giorni nell’inferno dei Brenek, nel cuore della provincia americana East Coast. Storia vera (?) di possessione demoniaca coprodotta da Sam Raimi per gli indipendenti canadesi della Lionsgate, The Possession muove le sue pedine a partire da una misteriosa scatola, capace di contaminare anima e corpo della piccola Emily fino a rivoltarla come un calzino. Accanto a sussulti sonori, voci infantili, occhi bianchi, convulsioni articolari e soggettive impersonali, il danese Ole Bornedal mette in mostra un gusto retrò per ambientazioni e illuminazione, sfruttando al massimo le potenzialità della (contro)luce per veicolare l’orrore. Al contempo, la scrittura a quattro mani inserisce nell’abituale tessuto a base di rivolte della natura, fallimenti della scienza e suggestioni religiose la figura del Dibbuk, anima maligna prelevata dalla tradizione ebraica e in parte tradita nei suoi presupposti da una messa in scena che dona forma (prima una mano che esce dalla gola del posseduto, quindi addirittura la figura intera) a uno spirito che dovrebbe essere disincarnato. Queste spiazzanti ma sporadiche deviazioni dai canoni, unite alla bontà di recitazione ed effetti visivi, nascondono solo in parte le lacune di una sceneggiatura superficiale (chi è il Dibbuk? Da dove viene? Perché non può entrare nel regno dei morti?) e le eccessive adesioni ai cliché del filone esorcistico, ormai troppo frequentato e depredato per poter stupire senza radicali innovazioni.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta