Regia di Jonathan Levine vedi scheda film
“R” è uno zombie. Ma non più di un qualsiasi 20enne afasico che attraversi la vita con torpore motorio e mollezza cerebrale, intavolando conversazioni di grugniti su fatiscenti tavoli da sala d’attesa. L’attesa perpetua dell’emozione è uno stato della mente adolescente, e il film di Jonathan Levine è un romanzo di formazione putrescente ed entusiasta, ventilato dalla freschezza delle pagine d’origine (di Isaac Marion, autore esordiente). Se li chiamano morti viventi non è solo perché deambulano con molesta lentezza, pare dirci il giovane zombie Nicholas Hoult, che riposa le stanche membra anestetizzate sul sedile di un aeromobile dismesso, affidandoci in voce over i suoi autoironici pensieri ingolfati dalla catalessi. Folgorato da Julie, combattiva e progressista versione bionda di Bella Swan, la salva dai suoi (dis)simili e la protegge nella sua casa/accampamento. Dove custodisce gelosamente vinili e dvd, balsamico memorandum dell’umanità che fu. Storceranno il naso i puristi dello zombie movie, nel vedere i loro idoli proletari truccati da esseri umani sulla soundtrack di Pretty Woman. Detentori storicizzati degli istinti primari, qui i non morti si abbandonano addirittura al conforto del ricordo altrui: mangiare il cervello non è più economia di mera sussistenza, ma digestione fulminea e riscaldante di un vissuto, “squid” del mondo prima dell’apocalisse. Levine si prende adorabilmente in giro (la scena del balcone di shakespeariana memoria, l’accostamento agli zombie di Fulci), senza dimenticare l’essenza di ogni rivoluzione: il battito cardiaco del singolo può rimettere in circolo il sangue di un popolo. Vivo o (non) morto che sia.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta