Regia di Jonathan Levine vedi scheda film
«Cosa sei tu? …»
«Che cosa sono? …»
Zombi, morti viventi, cadaveri che camminano smarriti, mangiatori di interiora, esseri marcescenti che non si esprimono se non per mezzo di grugniti e rozzi cenni … In pratica lo stato stagnante nel quale versa il mondo di oggi, tra paludi relazionali in cui affondare le proprie capacità di comunicare e mura sempre più alte, sempre più cupe, per confinarsi e scacciare la paura - del diverso, di abbandonarsi alle emozioni, di sentirsi nuovamente “vivi”.
Ma basta una scintilla - l’angelica biondina armata -, un gesto assurdo che nasce dalla melma (l’azzannar un cervello) e sboccia nel comunissimo rossore di un sentimento ancor più assurdo, affinché la speranza possa far pulsare organi cardiaci da un pezzo putrefatti e ridare umanità a chi l’aveva perduta. I sogni riaffiorano, le parole uniscono, gli occhi si riaccendono, il sangue ribolle e colora la contagiosa apatia di voglia: il cambiamento (si può fare).
Così i ferocissimi bestiali “ossuti” (quelli sopraffatti dall’atavica “fame” - di potere, di controllo totale - e lasciatisi irrimediabilmente cadere tra le braccia del distacco) soccombono dinanzi all’imprevedibile “riesumazione” di umanità. E tutto per merito di una giovane coppia, impossibile e “interrazziale”, sul cui accidentato percorso in tempi di tenebra sono stati posati prima uno sguardo, poi un mano nella mano, infine il liberatorio trionfante bacio appassionato.
La metafora è elementare quanto evidente; e tuttavia efficace, vibrante, ben esposta.
Però, suvvia, basta con le romanticherie teen e le seriose riflessioni sociologiche, e largo a del sano, intelligente divertimento. Evviva. In Warm Bodies, per nostra fortuna, umorismo e autoironia abbondano in dosi massicce (ma mai becere né volgari) e ritmano in maniera acuta tutta la pellicola, donandogli quel gusto frizzante e leggero che manca a molti film (presuntivamente) simili, in primis all’immondo, lezioso, pesantissimo Twilight richiamato tra le frasi di lancio (ed acchiappo per un certo pubblico) di Warm Bodies stesso.
Tra le pieghe necessarie della narrazione lineare (lo sviluppo forse è un po’ troppo prevedibile) il regista e sceneggiatore Jonathan Levine (già apprezzato per i suoi lavori precedenti) osa e alterna con disinvoltura e brio i differenti registri, inserendo accostamenti (geniale quello di Zombie di Lucio Fulci), musiche (dopo cinque minuti dall’inizio risuona magnifica The Bad in Each Other di Feist), battute, scene, situazioni di varia natura e consistenza - elementi tutti che definiscono i riusciti toni brillanti dell’intera opera.
Con una colonna sonora decisamente azzeccata (vengono usate in maniera ironica sia With a Girl Like You dei Troggs sia Oh, Pretty Woman di Roy Orbison), una buona tenuta (aiuta la durata di un’ora e mezza), un senso ottimo nel saper coinvolgere lo spettatore, un cast affiatato ed attento (bravissimo il protagonista Nicholas Hoult, più ordinaria ma comunque incisiva Teresa Palmer, mentre John Malkovich viaggia in scioltezza), Warm Bodies, ben lungi dall’essere un film epocale o straordinario, è una lieta sorpresa, un prodotto d’intrattenimento semplice, fresco e pensante.
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