Regia di David Brooks vedi scheda film
Ci sono situazioni e schemi , che con la più sfacciata reiterazione, si presentano ciclicamente nel cinema. In questi casi, il confine tra un lungo e noioso deja-vù e un film interessante, è marcato, in gran parte, dalla messa in scena e dalla inventiva del regista.
The End? L'Inferno fuori (2018) , di Daniele Misischia, riusciva , seppur con qualche difficoltà, a rendere stuzzicante un contesto claustrofobico visto e rivisto.
Messa in scena mediocre
In questo thriller, che pure punta tutto sull’atmosfera di claustrofobia e sul crescere della tensione, la messa in scena dovrebbe essere quantomeno gradevole. In ATM, invece, la regia di David Brooks risulta priva di inventiva. La cabina del bancomat, luogo principale del film, è ristretta e ridotta, ma viene trattata senza alcuna raffinatezza visiva. Non si percepisce mai davvero il senso di angoscia che si dovrebbe generare in uno spazio così angusto e minaccioso.
Sceneggiatura
Le scelte fatte dai protagonisti sono il vero punto debole della trama: le loro reazioni sembrano essere dettate dalla necessità di allungare il film, piuttosto che da una logica coerente con la situazione. Ad esempio, i tentativi di comunicare con l'esterno, la paura paralizzante e l’incapacità di trovare una via d’uscita sono trattati in modo superficiale e spesso fanno storcere il naso per la loro implausibilità.
Dove l'inganno?
Per carità, il cinema è il cosmo dell'implausibile, e grandi film sono viziati da momenti improbabili e inverosimili. Ma è proprio qui, in queste circostanze, dove le sceneggiature zoppicano che i registi abili creano, servendosi della loro fantasia, l'inganno; M. Night Shyamalan vi dice qualcosa?
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