Regia di Miguel Gomes vedi scheda film
Ha l'incedere lento e appassionato del fado questo melodramma portoghese dal gusto retrò
Pelllicola anomala questo 'Tabu'' del 2011 del regista portoghese Miguel Gomes: lontana dal tempo, affascinante nel voler risultare retrò (realizzata in un bianco e nero sgranato) facendoci catapultare, con inteminabili flashback, nell'Africa coloniale portoghese dove la voce fuori campo ci 'prende per mano' e ci veicola in una storia d'amore struggente.
Diviso in 2 capitoli ('Il Paradiso perduto' ed 'Il Paradiso') ed un prologo in cui si paleserà, emergendo dalle torbide acque, la figura simbolica del coccodrillo che ritroveremo nella seconda parte, con il compito di un cubido dalla forma animale che fa bella mostra di se nella locandina del film.
Diciamo che il ritmo non è proprio la caratteristica principale di questa opera particolarmente amata dalla critica mondiale infatti il regista ‘gioca’ a farci immergere lentamente nel ‘mal d’Africa’, dopo ben un’ora di proiezione all’interno della vera colonna portante del racconto, cioè nel meraviglioso secondo capitolo dove sembrerà di assistere ad un documentario dello ‘Studio luce’ con il solo commento musicale e la voce narrante (dello stesso Miguel Gomes) che illustrerà la vicenda, grossolanamente paragonabile ad una storia d’amore adulterina alla Paolo e Francesca di dantesca memoria.
Il soggetto (tutt’altro che originale) risulta funzionale al vero fine dell’intera operazione (splendidamente raggiunto): quello di far immergere lo spettatore in un ambiente semi-primordiale in cui assisteremo solo ai bisogni primari dell’uomo, la caccia per procurarsi il cibo (per mangiare), il rapporto con l’altro sesso (altro bisogno ancestrale) ed il rapporto ‘puro’ con la natura nonché con il diverso, per casta e per nascita, cioè quello tra il bianco (padrone) e l’indigeno.
Opera più da Mostra del Cinema e per critici che per il grande pubblico…..
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