Regia di Miguel Gomes vedi scheda film
Se nel 2012 Leos Carax nella scena iniziale di Holy Motors ci mostrava una sala cinematografica affollata, piena di spettatori fissi, immobili, con occhi rigorosamente chiusi…Gomes, nello stesso anno, ci accompagna invece nella solitudine di una sala completamente vuota o quasi…
Unico spettatore di un vecchio film in bianco e nero, una donna: Pilar.
Tabù si apre infatti con la scena di un film in cui, in Africa, un malinconico esploratore colonialista, tenta di sfuggire al dolore incontenibile per la perdita della sua amata, attraversando giungle e aride lande ai confini del mondo, nel cuore del continente nero. Tuttavia l’uomo, dopo la visione del fantasma della defunta, decide di porre fine al sua infinita tristezza dandosi in pasto a un coccodrillo. La leggenda dice il resto sulla ben nota malinconia dell’alligatore durante la digestione…
A Pilar, nel tempo libero, piace andare al cinema, è una donna di mezza età che vive una vita piuttosto modesta in una moderna e grigia Lisbona, subisce la corte di un suo coetaneo che le interessa relativamente e spesso si prende cura della sua stramba vicina di casa.
Aurora è la vicina di casa di Pilar, è una donna portoghese di mezza età piuttosto altolocata che, guidata da devianti sogni premonitori, sperpera soldi nei casinò. Abbandonata da tutti, persino da sua figlia, vive insieme a Santa, la sua domestica africana di cui non si fida minimamente.
A Santa piace leggere Robinson Crusoe e nel tempo libero partecipa a lezioni serali di scrittura in cui mostra i suoi notevoli miglioramenti grazie naturalmente alla confidenza presa con l’illustre Defoe.
Il triangolo formato dalle tre donne di differenti classi sociali, vive in quello che Gomes chiama Paradiso Perduto.
Tabù è infatti diviso in due parti, se la prima di joyciana memoria ci introduce in una moderna realtà squallida, arida e apatica, priva di solide fondamenta oltre che di valori, la seconda, Paradiso, è invece magia, romanticismo e passione consolidata, dove persino il bianco e nero acquisisce un nuovo spessore. Gomes nella suddivisione in due capitoli e nel titolo richiama l’omonimo film del 1931 di Murnau e Flaherty.
Tuttavia, se nell’originale il Paradiso veniva mostrato prima, con l’incanto idilliaco dell’isola felice di Bora Bora, e solo dopo, con la costruzione della civiltà, si entrava nell’ambiguità del Paradiso Perduto, Gomes inverte l’ordine, portando viceversa lo spettatore a conoscere subito le cupe conseguenze del colonialismo, tramite la rappresentazione di una realtà che appare rallentata, vuota, a tratti ipocrita, dove il romanticismo sembra essersi perso per strada, rimpiazzato da una diffusa disillusione, soprattutto giovanile, che appare oltre che bugiarda, irrispettosa e priva di scrupoli.
Paradiso al contrario, rievocando i fantasmi profondi del narratore che ci accompagna nei meandri incantevoli e mai perduti di ricordi sofferti, ma ancora incredibilmente vividi poichè permeati da una passione travolgente e insormontabile, allieta i sensi dello spettatore sino al termine del film: il diffuso mutismo scenografico, viene solo raramente inframmezzato dagli echi soffocati dei rumori di sottofondo, ma senza creare disturbo, enfatizzando anzi e ancor di più la voce narrante e malinconica di Ventura. Il bianco e nero si inspessisce, dando rilievo ai protagonisti della tragedia di un amore clandestino e sofferto. Il ritmo aumenta così come il coinvolgimento dello spettatore. I ricordi non sono sfocati, bensì nitidi, a sottolineare ancor più il contrasto tra i due capitoli, dove il primo, perso nell’apatia e nella perdita di valori, necessita del bianco e nero di una sala cinematografica per richiamare in vita passioni oramai estinte.
Ed è proprio ciò a cui aspira Gomes col suo Tabù rifacendosi al Murnau degli anni Trenta, riportare in vita quella tipica e straordinaria capacità evocativa che solo l’immagine in bianco e nero e il cinema muto possono contenere, facendo ricorso a scelte linguistiche e stilistiche molteplici che fanno di questo un film manifesto meta_cinematografico (vedi anche Carax) e una rinnovata sperimentazione di indagine su quelle che sono le potenzialità espressive del cinema. La poetica, l’abilità, la maturità artistica di Gomes risiede principalmente nell’essere riuscito a mostrare in Tabù ciò che a prima vista sembra risultare invisibile, nell’essere riuscito a creare oltre ai due visibili, anche un terzo capitolo, che seppur inesistente nel film, lentamente si lascia creare nella mente dello spettatore.
Cinema was made to reunite the Visible and the Invisible.
Ecco perché, citando lo stesso autore, qualsiasi pellicola dovrebbe sempre avere uno spazio di libertà per chi la guarda e Gomes ci permette di farlo, lasciando libere le nostre menti di immaginare, lasciandoci guidare nella sua poetica, e lasciandoci creare la nostra, con un film che indubbiamente non manca di solleticare la più pura sensibilità cinefila…
…e siamo infatti noi, un po’ come Pilar i veri protagonisti di Tabù.
Gomes riesce a introdurre lo spettatore nelle pieghe dei ricordi che vengono sistematicamente rivisitati nella mente della protagonista: Pilar. Non può essere che lei a creare lentamente i fili che tessono la tela sentimentale e romantica della seconda parte del film, magistralmente guidati dalla rassicurante e malinconica voce fuori campo del narrastorie Ventura.
Non può essere che l’immaginazione cinefila di Pilar a creare dei ricordi così estemporaneamente moderni, come lo è del resto l’abbigliamento casual dei personaggi o la musica pop anni Sessanta suonata dall’orchestra portoghese in cui Ventura è il batterista. E’ lo stesso Gomes a dircelo:
Cinema is a game with the viewers
E lui si diverte con noi. Inutile poi dire che per poter giocare ci vuole anche un buon artefice del gioco e Gomes ha dimostrato di esserlo pienamente regalandoci un film di tutto rispetto, regalandoci la possibilità di sognare ancora una volta con un cinema che seppur guarda indietro copiando il passato, è capace di reinventarsi grazie all’occhio nitido e mai asservito emulatore, ma attento, innovativo e consapevole, diventando quindi più vero e reale all’interno di una ludica fantasia, di quanto mai lo fosse stato ultimamente. Ma Gomes non è solo geniale ideatore ricreativo è anche e soprattutto un ottimo e onesto giocatore.
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