Regia di Spiros Stathoulopoulos vedi scheda film
Lungo la catena montuosa della Grecia centrale, si ergono a strapiombo i monasteri ortodossi di Meteora, sospesi tra la terra e il cielo, tra le debolezze mondane e le ricchezze spirituali del paradiso. Su due impervie sommità, due di questi edifici di culto sono posti l’uno di fronte all’altro. Al loro interno la vita è scandita dai rituali liturgici e dalla rigida osservanza dell’ordine. Tra i religiosi che hanno consacrato la loro vita a Dio ci sono il monaco Theodoros (Theo Alexander) e la suora Ursula (Tamila Koulieva). Ai due capita spesso di incontrarsi tra la popolazione del luogo, e da questi continui incontri ne scaturisce un sentimento nuovo e travolgente che rischia di mettere in crisi la loro vita monastica.
“Meteora” di Spiros Stathoulopoulos è un film dal timbro marcatamente contemplativo, che alla solennità di immagini che vogliono riflettere tutto il misticismo ascetico dei luoghi, alterna inserti cartooneschi stilizzati che fanno spesso capolino lungo la storia e dentro le ansie dei due ecclesistici, come a voler catturare l'intera vita monastica in icone medioevali. Un film molto diverso da “PVC-1”, l’opera d’esordio del giovane regista greco, sia perché questa è attraversata dai fuochi adrenalinici di una Colombia (il paese della madre) cinica e violenta, sia perché tenta l’esperimento registico (riuscito) di girare l’intera storia in un unico piano sequenza.
“Meteora” è, invece, caratterizzato da una lentezza estenuante e da una narraziaone votata all’essenzialità, un film che riflette sul rapporto affatto pacificato tra l’amore sacro indirizzato dalle vertigini speculative dello spirito e l’amore profano determinato dalle naturali pulsioni dei corpi.
Un primo aspetto interessante da mettere in risalto è il fatto che il regista gioca molto sui contrasti : tra le cime impervie dove si ergono i monasteri e la rigogliosa pianura dove si esercita l’opera missionaria ; tra le preghiere che si rivolgono all’alto dei cieli e il duro lavoro che si pratica a contatto con la terra ; tra il fare documentaristico con cui vengono ritratti spaccati di vita contadina e la ricerca sperimentale che accompagna le diverse sfaccettature della messinscena ; la difficoltà a vivere cercando di meritarsi un posto tra le nuvole e la relativa semplicità con cui due corpi che si sfiorano cedono alla naturale tentazione della carne. Un altro aspetto risiede nell’uso insistito del silenzio, teso a risaltare l’attrazione fisica dei due “amanti” attraverso la tentazione continua cui viene sottoposta la loro scelta di castità. Più il loro linguaggio cessa di parlare la comune parola di Dio e più i loro sensi trovano un nuovo punto d’incontro in pensieri “peccaminosi”. Più diventano preminenti le immagini animate che li ritraggono come i simboli iconici di vite sacrificate alla fede e più i loro corpi tendono a trasformarsi in icone sacrileghe in cerca di un proprio ruolo nel quadro mistico voluto per la loro sorte.
Spiros Stathoulopoulos rasenta l’irriverenza esplicita, quindi, insinuando un’indebita commistione tra ciò che è eterno in quanto partecipe dell’idea di Dio e ciò che rimane transitorio perché messo in relazione alle umane debolezze. Ma a prevalere è la “semplice” rappresentazione di un amore in fieri, molto umano e molto carnale, che passa dalla scoperta della tentazione della carne per concludersi con l’inevitabile corruzione della loro professione di fede.
L’evoluzione del rapporto tra Theodoros e Ursula è contrappuntato dalle melodie salmodianti dei canti gregoriani, che come una presenza scenica invasiva, servono allo scopo di conferire la voluta gravità alla messinscena. L’ambientazione montuosa è bellissima, con i monasteri che si guardano a specchio svettando entrambi a strapiombo sulla sommità delle rispettive cime. Sembrano voler cadere precipitosamente verso il basso, così come verso gli abissi dell’animo umano si trovano catapultati il monaco e la suora, che intanto che danno sfogo alla verità dei sensi, cercano di penetrare la natura di quando gli sta succedendo. La regia indugia spesso sui loro volti meditabondi, ma poi fugge per dare ampio sfogo alle sue potenzialità espressive : ora giocando di sponda con le trasfigurazioni animate di un amore che oscilla alternativamente tra il sacro e il profano ; ora catturando in panoramiche mozzafiato una bellezza senza tempo e senza limiti conosciuti. Un film interessante che colpisce per l’accattivante piglio registico e l’interessante approccio stilistico. La stessa cosa vale per “PVC-1”, un altro film che mi sento di consigliare.
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