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Meteora

Regia di Spiros Stathoulopoulos vedi scheda film

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La recensione su Meteora

di OGM
8 stelle

L’amore sacro e l’amor profano uniti nell’abbraccio di un’antica poesia. Le sonorità, soffuse e concitate, del canto gregoriano accompagnano l’evolversi di un sentimento proibito, eppure perfettamente inserito nell’atavico quadro dell’armonia universale. Anche la relazione tra un monaco e una suora può trovare posto in un’icona sacra, ammantata dell’aura della leggenda ed immersa nella rarefazione della trascendenza. Il peccato è una forma minore di beatitudine:  e non è una colpa così grave come la disperazione, che è l’unica mancanza veramente imperdonabile. Il film di Spiros Stathoulopoulos costruisce, intorno a questo pensiero profondamente radicato nella fede in Dio, un racconto che eleva la più tenera delle debolezze umane agli onori del Cielo. Il silenzio domina questo bozzetto di sapore medievale, nel quale la trasgressione è la naturale prosecuzione della preghiera. L’intimità, come la meditazione, è la sede del raccoglimento, della devozione che si manifesta in una ritualità assorta e timorosa, modestamente rispettosa del mistero. Il pudico velo dietro il quale questa spiritualità acerba si nasconde è un’ingenuità di stampo infantile, a cui rimandano gli in­serti animati in cutout, con i movimenti ispirati ad un decorativismo primitivo ed i tratti trasognati dei volti e dei paesaggi. La stilizzazione è sobrietà tinta d’innocenza, che, con la sua essenziale gradualità, spoglia la passione di ogni connotazione morbosa, per restituirla alla purezza della novità, che si scopre poco a poco, soppesando cautamente ogni passo. La lentezza, insieme al silenzio, è la dimensione dell’avventura mistica, che per i due protagonisti di questa favola fuori dal tempo parte dall’alto per approdare al fondo dell’esistenza: dai monasteri posti sulle cime di due montagne, separate da una gola rocciosa, un uomo e una donna scendono a valle per incontrarsi, parlare, conoscersi e infine toccarsi. Il loro percorso è segnato dalle metafore dello smarrimento e del sacrificio: il labirinto di Arianna e Teseo, l’agnello macellato ed il sangue che sgorga a fiumi dalle ferite del Cristo crocifisso. Gli elementi del mito trasformano la storia in una elegia pastorale a sfondo cristiano, in cui la componente terrena, anziché attingere al paganesimo, segue il solco dell’Illuminismo, ispirandosi all’ideale di una libertà che contiene il vero germe dell’uguaglianza e della fraternità: lei, russa, e lui, greco, realizzano un’unità che  prescinde dalle differenze culturali e linguistiche e supera anche le barriere imposte dalla religione. A quel traguardo si arriva affrontando le insidie del dubbio e del rimorso, sperimentando l’errore come condizione di passaggio, come messa alla prova, come preludio ad un cambiamento consapevole e responsabile. Lassù, qualcuno ci ama e ci aiuta, mentre ci vede turbati e titubanti, e ci conduce paternamente attraverso l’errore. Perché un voto violato non apre necessariamente le porte dell’inferno. In Meteora esso è soltanto la via di uscita da una solitudine sbagliata.

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