Regia di Christian Petzold vedi scheda film
Di recente ho letto un libro sulla DDR, nel quale l'autrice, l'australiana Anna Funder, sosteneva che per raccontare la realtà dell'ex Germania Democratica è necessario raccontare le storie delle persone. In questo senso, La scelta di Barbara riesce a dare un'immagine credibile di un paese nel quale si calcola che una persona su sei fosse (a diverso titolo) una spia della della Stasi. La cittadina buia ben fotografata dall'operatore Hans Fromm, l'incapacità di sorridere della protagonista, la stessa amarezza nello sguardo del dottor André e perfino il sinistro tossicchiare del motore a due tempi delle scalcinate Trabant rendono l'idea di un'atmosfera cupa, nella quale ogni gesto ed ogni parola dovevano essere controllate perché erano effettivamente controllate.
La svolta della trama, al contrario, è abbastanza prevedibile, così come qualche momento che sa di riempitivo (la sequenza della ragazza nella camera d'albergo). Insomma, alla fine, La scelta di Barbara è un film per certi versi lodevole, ma che non raggiunge i risultati di Le vite degli altri. E comunque, per capire bene la realtà della Germania Est, ritengo ancora molto utile il bel libro di racconti pubblicato anni fa dalla Einaudi, Tentativi di avvicinamento, di Hans Joachim Schädlich.
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