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8 1/2

Regia di Federico Fellini vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su 8 1/2

di yume
10 stelle

"Questa confusione sono io,io come sono,non io come vorrei essere, e non mi fa più paura dire la verità,quello che non so, che cerco, che non ho ancora trovato.Solo così mi sento vivo, e posso guardare i tuoi occhi fedeli senza vergogna.È una festa la vita, viviamola insieme.Non so dirti altro, Luisa, né a te né agli altri.Accettami così come sono"

 

Per voi il cinema è spettacolo. Per me è quasi una concezione del mondo.

Vladimir Vladimirovic Majakovskij

 _____________________________

Come si può filmare il pensiero di un uomo, la sua immaginazione, i suoi sogni?

chiedeva Flaiano a Fellini nelle discussioni, che immaginiamo interminabili, in quei giorni del lontano 1963.

La risposta ancora non c’era perché non c’era il film, il progetto era svaporato ancor prima di nascere, tutto era pronto, attori, comparse, macchine, imprese e impresari, una torre di tubi dalmine proiettata verso il cielo da far paura, solo quella era costata 80 milioni di lire, tutti i provini fatti, mancava solo la benedizione di un cardinale e il bacio dell’anello ma … il film non c’era più, il nostro Guido/Snaporaz l’aveva perso per strada.

In preda ad uno stato confusionale che non si percepiva all’esterno, anzi, lui era il solito Guido bello, signorile, tranquillo, inseguito da un codazzo di gente, di cinema e non, che gli parlava, gli chiedeva, lo strattonava, lo implorava, lo amava, lo odiava ecc., lui, catatonico e bonario, si defilava con abile tattica anguillesca, dribblava, si smarcava, virava e si nascondeva.

 Dove? Nel sogno, naturalmente, solo lì si può tornare bambini, farsi aiutare e consigliare dai genitori, realizzare tutte le belle aspirazioni poi frustrate dal destino cinico e baro (nel caso di Guido/Snaporaz soprattutto avere un harem con moglie felice di lavare i pavimenti inginocchiata a terra). Certo, i ricordi del collegio non erano divertenti, la Sereghina era una tentazione irresistibile con le sue tettone e il culone da balena, ma i lunghi preti neri gliel’avevano fatta pagare cara! Fagioli sotto le ginocchia e “vergogna” sulla schiena.

Ma nella vita parallela dei sogni rispunta anche l’ispirazione, tornati bambini ci si ricorda di quella cosa semplice dell’aritmetica che s’ impara per prima, l’addizione.

scena

8 1/2 (1963): scena

I film fino ad allora erano stati sei, più tre mezzi film in collaborazione fanno sette e mezzo, come lo chiamiamo questo? Ma Otto e mezzo, facile.

Nasce così il capolavoro senza titolo, un numero, sovrimpresso come su una cassa d’imballaggio, attenzione, non rovesciare, il contenuto non è infrangibile.

Eh già, la vita può rompersi a pezzettini, e Guido/Snaporaz ora lo sa.

Fermo in fila in macchina è colpito da asfissia, l’abitacolo è invaso da fumi tossici, portiere e finestrini sono bloccati, da fuori tutti lo guardano come manichini, nessuno accorre, certo morirà.

Stacco, una sede termale, dal grigio della realtà metropolitana si vira al bianco sovraesposto del dolce far niente.

La fila ora si fa alla fonte della salute, estate, caldo, le inservienti sudano a dar bicchieri ai fegatosi, le donne ricche sfoggiano mises da sfilata e cappelli impegnativi, il birignao regna sovrano e Guido ondeggia tra sogno e realtà.

Operazione rischiosa, però, non si scansano tutti gli inciampi, amante e moglie in compresenza, produttore quasi idrofobo, attrici arrivate per non far niente sempre più nervose.

Grosse nubi temporalesche si addensano sul nostro Guido, assediato come sempre da una città delle donne che non gli dà pace, che lui ama ma che non riesce a capirlo, in fondo neanche il sogno dei sogni, l’amata immortale venuta da cielo in terra a miracol mostrare, nella fattispecie Claudia Cardinale che ha lasciato momentaneamente il set de Il Gattopardo, neppure quella lo capisce più di tanto e lui è solo, smarrito, ha il vuoto dentro, non sa che fare, il film non c’è.

Claudia Cardinale

8 1/2 (1963): Claudia Cardinale

Ma poi è arrivato Scorsese a dire: "Per me è uno dei più grandi film mai realizzati. Perché va direttamente al cuore della creatività, la creatività nel cinema, che è circondato da infinite e fastidiose distrazioni e varietà di follia. E per il fatto che la storia di Guido diventa una sorta di storia di tutti noi, diventa viva, vibrante, va verso il sublime" .

Dunque il film è arrivato. La “psicoanalisi fotoelettrica” che diceva Epstein ha avuto buon esito, il tempo psicologico, quello bergsoniano, ha costruito la temporalità propria del sogno e del pensiero onirico e tutto il gran Circo della vita si è addensato giù per la scala di quella torre immensa, tutti in allegra compagnia si tengono per mano, scendono e fanno un girotondo.

Chi li guida? Ma il gruppo musicale dei clowns, naturalmente, e lui, Guido, bambino, che suona il clarinetto (o il flauto, chissà!).

Ermeneutica del profondo, il cinema di Fellini "tocca tutti i sottofondi del vissuto individuale e collettivo dei recenti decenni, nei suoi aspetti antropologici, psicologici, etici, fantastici e realistici", diceva Zanzotto, e lo chiamava “sciamano”, poiché "il secondo Novecento non è mai stato veramente tranquillo e Fellini è stato uno dei personaggi capaci di captarlo, uno dei maghi come in un certo senso è proprio il caso di chiamarli: col suo sciamanesimo misterioso coglieva nel profondo, pur correggendolo poi sempre con la sua vena umoristica, anzi vignettistica"

(Andrea Zanzotto, Il cinema brucia e illumina. Intorno a Fellini e altri rari, 2011)

 

E noi non possiamo che concordare.

Registri alti e bassi si mescolano, la vita è una scena del crimine, non si passa indenni ma si può tenerla a bada, e Fellini sa come domarla.

Primo, dribblare i critici raffinati, specie se intellettuali francesi:“Vede, ad una prima lettura, balza agli occhi che la mancanza di un’idea problematica, o, se si vuole, di una premessa filosofica, rende il film una suite di episodi assolutamente gratuiti, può anche darsi divertenti, nella misura del loro realismo ambiguo. Ci si domanda cosa vogliano realmente gli autori: ci vogliono far pensare, vogliono farci paura? Il gioco rivela fin dall’inizio una povertà di ispirazione poetica. Questa potrebbe essere la dimostrazione più patetica che il cinema è irrimediabilmente in ritardo di cinquant’anni su tutte le altre arti. Il soggetto poi non ha neanche il valore di un film di avanguardia … . Mi perdoni ma la sua tenera ignoranza è del tutto negativa! ”.

Secondo, i giornalisti:

Ingegnere, mi scusi: quali sono secondo lei i rapporti fra cattolicesimo e marxismo? Lei saprebbe fare un film su commissione, ad esempio se il Papa la mandasse a chiamare?

Terzo, i preti:

Guido: “Il protagonista del film ha ricevuto, come tutti noi d’altra parte, una educazione cattolica che gli crea certi complessi, certe esigenze non più sopprimibili. Un principe della chiesa gli appare come il depositario di una verità che non riesce più ad accettare benché lo affascini; e allora cerca un contatto, un aiuto, forse una folgorazione”

Il prelato: “Il cinematografo, mi pare, non si presta tanto a certi argomenti. Voi mescolate con troppa disinvoltura l’amor sacro e l’amor profano. Avete una grande responsabilità, potete educare o corrompere milioni di anime; comunque Sua Eminenza la ascolterà volentieri”.

 

 Inevitabile cadere in depressione e chiedersi:

Chissà perché le cose sono andate così? A che punto avrò sbagliato strada? Non ho proprio niente da dire!”

Ma voglio dirlo lo stesso. E questo ci ha salvato.

Federico Fellini

8 1/2 (1963): Federico Fellini

 

Lo dice alla moglie ma soprattutto a tutti noi, in platea:

Luisa, mi sento come liberato; tutto mi sembra buono, tutto ha un senso, tutto è vero! Ah, come vorrei sapermi spiegare.

Questa confusione sono io, io come sono, non io come vorrei essere, e non mi fa più paura dire la verità, quello che non so, che cerco, che non ho ancora trovato. Solo così mi sento vivo, e posso guardare i tuoi occhi fedeli senza vergogna. È una festa la vita, viviamola insieme. Non so dirti altro, Luisa, né a te né agli altri. Accettami così come sono”.

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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