Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Non si può non aver visto 8 e mezzo per una quantità infinita di ragioni, specie se si è italiani: è dal nostro paese che è giunto il Film per eccellenza, la suprema riflessione sul Cinema e sulla Vita, il punto di arrivo di qualunque elaborazione artistica e il punto di partenza per una nuova consapevolezza di sé e del mondo. Non si può non aver visto 8 e mezzo perché è la risposta più alta che l'uomo può dare all'Esistenza, un passo fondamentale per la crescita di chiunque, per la sua maturazione. Non si può non aver visto 8 e mezzo perché dà una risposta, finalmente, qualcosa che i film più coraggiosi e potenti non sono riusciti a dare. Per questo verrebbe più volte di spaccare quel limite delle cinque stelline e proseguire ancora.
Il film non dà pochi problemi alla prima visione, anzi, riaffastella tutta la vita dello spettatore davanti a suoi occhi: l'incipit è di una potenza fenomenale, con il volo di Guido sopra la macchina verso il cielo, in cerca di purezza, in fuga, verso l'annullamento di sé, senza per questo morire. Viene ritrovato e riportato giù, e ancora non sappiamo della sua vita, dei suoi trascorsi, vediamo un sogno senza vederne l'autore. Possiamo associare a moltissime cose quel sogno: la volontà di primeggiare, di voler stare soli, di fuggire, di sognare, innanzitutto. Il sogno iniziale può avere centinaia di migliaia di significati per ciascuno di noi. Non sappiamo che Fellini ci ha appena battezzato per darci il benvenuto nel suo nuovo incredibile mondo, nella infinità varietà delle nostre funzioni psicologiche: ecco la funzionalità di un inizio talmente impersonale e impulsivo, che gode dell'istintualità di un sogno. E veniamo ricacciati nella realtà.
Se il cielo era terso e chiaro, era la parte bianca dello stupendo bianco e nero del film, nella realtà veniamo subito sottoposti al nero, all'oscurità. Questa è la realtà? Non veniamo presi in giro, siamo di fronte alla realtà. Ma quale realtà? Quella di Guido? Quella del regista? Non ci poniamo ancora questi problemi, ma la realtà è ancora dentro la pellicola, nei limiti dello schermo. Strabuzziamo gli occhi, per cercare di vederci chiaro di fronte a questo improvviso cambio di registro, di fronte a quella improvvisa oscurità. Stanno facendo delle cure a Guido, delle persone gli stanno parlando, ma ancora non mettiamo bene a fuoco. Nello spiazzale del bagno termale ci apriamo a tutta la complessità.
Facce, facce e ancora facce ci si distribuiscono davanti, sembrano percorrere lo spazio intorno a noi come una giostra impazzita ma di un'eleganza clownesca. Occhi spalancati, sorrisi e parole confuse ascoltiamo, e le ascolta anche Guido mentre cerca di destreggiarsi. Ha grande carisma, ha grande personalità, Guido, sembra davvero un uomo con grandi conoscenze, e soprattutto con grande sicurezza di sé, quando si abbassa lentamente gli occhiali da sole. Ma non era lo stesso del sogno in cui gli veniva negata la libertà? Vede una fila di persone vicino alla strana apertura che un grande edificio (un grande rudere) possiede in fondo a questo grande spiazzale, un tempio immerso nella natura. Sembra quasi che si osservi la fauna di tanti animali impazziti, ciascuno con i propri versi e il proprio atteggiamento. Un intellettuale si rivolge a Guido, parla, ma Guido non sembra ascoltarlo più di tanto. si rivolge altrove, cerca di mettere ordine alla confusione che lo circonda.
Cambia l'ambientazione, presto, si sposta su una stazione ferroviaria. Un treno si avvicina, scende una donna. E' vivace e pone su Guido immediate attenzioni, ma lui non sembra ricambiarle con la stessa sicurezza, con la stessa frivolezza. La accompagna in un albergo. Qualcosa non va in Guido.
Sogna ancora, sogna dei suoi genitori, in un vecchio cimitero, la madre gli sorride, il padre a momenti non lo guarda nemmeno, la madre fugge questa volta e fuggirà ancora. E' un problema di educazione, quello di Guido? Un problema coi genitori? O associa ai genitori un suo problema? E' semplice sofferenza nei confronti della loro INsofferenza, della loro indifferenza? Né in Sandra Milo né nei suoi genitori Guido sembra trovare una risposta, ma una risposta a cosa?
Guido continua a subire pressioni di altre persone, al centro termale, persone come un commendatore grande e grosso, che vogliono risposte riguardo la realizzazione di un nuovo film (ah, è un regista!), ma Guido non dà niente per certo. E' in crisi, Guido, in crisi creativa, non sa dove trovare l'ispirazione, la vita è così vuota e ricca di insoddisfazioni, e nonostante tutto quello che il mondo offre esteriormente, ha così poco da offrire in realtà? Dice che ci penserà, sì, penserà se accettare o meno una certa attrice francese, penserà a tutto.
Eccoci nello spiazzale della stazione termale, di sera, c'è uno spettacolo di magia. Un clown che sembra muoversi non troppo diversamente dalle figure più allegre ed eleganti che circondavano Guido nello stesso spiazzale però di giorno, il clown percorre allegramente i tavoli, e chiede di partecipare a un gioco di prestigio. Una vecchietta indovina cosa si trova nella mente delle persone, e arriva alle risposte più corrette sugli argomenti più inutili. E' il turno di Guido. Il clown lo saluta, si conoscono?, sì, e Guido pensa "Asa Nisi Masa".
E' la sua infanzia, il suo passato, una magia che gli ha insegnato una sua amica una notte in una colonia controllata da suore e imponenti figure religiose. Quand'era bambino Guido scappava, correva sulla spiaggia, guardava la Saraghina (il demonio!) dimenarsi in balli da invasate. Veniva sgridato, posto di fronte a un tremendo plotone di esecuzione, che comprendeva piccole cariche religiose e sua madre piangente. Ancora mancanza di libertà? E' per questo che ha fatto l'artista, perché l'arte è liberta, l'arte è sogno, ma se non riuscisse ad essere libero per qualche altro problema? Quelli erano gli ostacoli esterni, e lui ha un grande passato, una grande carriera, ha fatto film molto famosi, si è fatto circondare da intellettuali che pensano di potersi con lui confrontare, ma allora qual è il problema? Va dentro sé stesso trovata la soluzione?
Al telefono Luisa (Ainouk Aimée), che lui tradisce senza troppe domande ma neanche senza troppa convinzione, è amorevole, ma non vuole disturbare, non vuole venire a disturbarlo, ma forse lei potrebbe sbloccare la situazione, farlo uscire dalla sua crisi? A che servono tutte quelle foto sul letto? Guido ci si corica sopra. Sono altra confusione, altri falsi stimoli, sulla Vita non c'è nulla da dire. Ma cosa cerca Guido, originalità? Equilibrio? Felicità? Ah, ma è la buona vecchia ricerca della felicità, quella che lo intristisce? Non si è rassegnato come tutti, come un vecchio vescovo che raggiunge i bagni termali, che non si viene necessariamente al mondo per essere felici? Voleva davvero trovare la felicità nella religione? La religione dà troppo poco valore alla Vita, anche minore di quello che le conferisce lui, in tutti i suoi dubbi e le sue insicurezze. Dove andare, cosa fare? Continuano a chiedergli come terminare il film, e lui ha finito le cartucce. Arriva la moglie, la guarda discorrere con l'amante. La moglie lo sa che l'altra è l'amante, e l'amante sa che l'altra è la moglie. E chi è quell'altra donna che cammina come un angelo nello spiazzale del centro termale? Cosa vuole, è Guido che se la immagina? E' perfetta, ma è una sola donna, non una sola donna riuscirà a risolvere il terribile mistero della Vita, del suo scopo. Forse tutte le donne? Allora Guido si rintana dentro di sé, e per un po' non vediamo più il fuori. Cos'è quello, quella grande stanza con la grande scalinata? Non è il luogo dove correva da bambino, inseguito dalle balie? Dove gli facevano il bagno, il catino!, e lui osservava estasiato i suoi compagni che ridevano dalla botola sovrastante. Ma non ci sono balie in quel luogo diventato metafisico e irreale nel ricordo, ma donne, tutte le sue donne, e lui può controllarle, non con malvagità ma amorevolmente. Tutte le donne che in qualche modo ha amato. Ma l'amore si erode, cacciamo la vecchia soubrette al piano di sopra. Arrivano consigli da una donna al piano di sopra, una donna che abbiamo già visto, sì!, una sua amica, parente di Luisa. Può con lei chiarirsi?
Loro si erano incontrati su quella grande costruzione che gli attrezzisti avevano montato per il suo film, una costruzione per contenere un razzo (un vero progetto di Fellini, Il viaggio di Mastorna), per fare un film di fantascienza. Prendere di nuovo il largo per andare in cielo? E lei era stata una possibilità per confrontarsi e discorrere, ma non è bastato.
Nel suo harem, con una frusta, porta le donne tutte al loro posto. E' un sogno bellissimo, che lo fa sentire onnipotente, ma non è un potere malvagio, è un semplice capriccio della mente. Non ha risolto nulla, ma cercherà di farsela venire, l'ispirazione, e fa dei provini.
Luisa partecipa ai provini, e in questi provini le attrici recitano parti di donne che veramente esistono, come Luisa, o l'amante di Guido. Luisa si indispettisce e se ne va. Come poteva, Guido, credere che parlare di sé avrebbe risolto? I produttori sono disposti a fargli fare quello che vuole, ma è lui che non vuole. Perché l'arte, cinematografica, in questo caso, non può risolvere la vita? Non vuole fare un film che lasci un dubbio, ma ci sono troppi dubbi intorno a sé, cosa fare? Come rispondere a quei miliardi di spiegazioni che sorgono dalle infinite domande che sorgono da ciascuno dei volti del reale e anche della sua mente? Neanche lui stesso è un vero rimedio.
Entra una donna, un'attrice (l'ha inventata lui?), ha il volto della sua donna-angelo, la donna ideale. Fanno un giro in macchina, lui le parla del possibile progetto, ma lei non risponde all'ambiguità delle sue eterne indecisioni. Ormai devo farlo, devo realizzare il mio film. Non è di fantascienza, non è la mia vita, cosa, dunque? Parte l'impennata felliniana del metacinema.
Conferenza stampa, Guido è pressato da continue domande, il commendatore-produttore lo minaccia, se non risponde e non chiarisce i suoi intenti. Non si può volare, nel cielo ti scambiano per un aquilone e ti tirano giù; allora scendiamo giù sotto il tavolo. Guido è giù, baraonda generale, e con una pistola venuta fuori dal nulla, Guido si spara. Le ossessioni sono finite, si è ridotto tutto a un disperato cupio dissolvi, non c'è più niente da fare.
Ma ecco Guido che cammina, chiede di smontare l'impalcatura. E' vivo o morto? Forse ormai è inutile porci questa domanda? E' tutto realtà o sogno? Non è così semplice, l'intellettuale gli chiarisce che non può mai, lui, pensare che agli altri possa interessare la sua vita, le sue esperienze, il suo passato, sarebbe l'espressione tronfia e maniacale di un regista che si sente importante. Guido ci aveva pensato. Ma le parole dell'intellettuale si allontanano, sono sostituite da immagini (le più commoventi della storia del cinema, silenziose, con la pura musica del vento), e Guido vede che tutte le persone che adora, la Saraghina, la soubrette, Luisa, l'amante, anche la donna-angelo (che ne sembra la guida) percorrono angelicamente come Claudia Cardinale (la donna-angelo) la spiaggia della sua infanzia, in immagini che racchiuderebbero la sua intera esistenza. Si fanno avanti le loro idee, forse ora ben più chiare, visto che ormai siamo fuori da qualsiasi cardine e controllo, non sappiamo se Guido è morto, non sappiamo se è il paradiso, o è tutto un simbolo della vita. E' questa la risposta, una risposta, la Risposta, che arriva da dentro e da fuori, dai ricordi, dalle idee, dalla effettiva constatazione del reale. Il clown lo saluta, dice che è tutto pronto, Guido esce dalla macchina, prende megafono e cappello, comincia a urlare ai suoi fantasmi, per dirigere il suo film.
Vengono i brividi, se davvero si è vissuto davvero questo film, nel momento in cui tutti scendono dalla scalinata, tutti quanti, nel loro caos, tutti insieme, una massa indistinta, senza identità. Eppure un'identità ce l'hanno, sono la sua vita, sono la Vita di Guido, come le persone che chiunque esista conosce, e divengono idee, punti di riferimento, esperienze per il resto della propria esistenza. Sono confuse, e noi le amiamo, perché senza non saremmo noi. E' un caos controllato, è l'idea base su cui si incentra l'intero cinema di Fellini, la capacità di controllare il caos, non come tentativo sovrumano, ma come altissima potenzialità da parte dell'uomo di capire sé stesso e gli altri. Accettare, non rassegnarsi, ma volersi bene. E' una festa la vita, viviamola insieme. La Vita è una girandola di sogni in cui ogni evento, come le persone del cerchio di questo mastodontico finale, si tiene per mano, e segue un preciso percorso logico, fino alla Purezza, alla vera felicità. Scegliamo noi di essere felici, non viene da nessuna parte la felicità, la creiamo noi, perché l'essere umano è potente e deve amare la Vita. E' difficile, ma nessun piccolo evento può stravolgere un'esistenza che invece brilla perché accetta quel bellissimo caos che lo circonda. C'è il buio tutt'ad un tratto, una luce illumina solo un bambino che soffia in un flauto. L'innocenza della felicità.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta