Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Dopo il successo planetario regalatoli dalla "Dolce vita" che lo consacra nell'olimpo degli dei cinematografici ma che lo mette al centro di innumerevoli polemiche di una certa stampa clericale e bigotta,Federico Fellini e' uomo stanco,svuotato ed in piena crisi creativa, si sente quasi come un uomo che ha raccontato tutto quello che c'era da raccontare,con cinismo,sarcasmo,poesia e"vitellonismo" l'autore riminese ci ha descritto un quadro sociale di sfaccendati,prostitute e saltimbanchi di strada,con "La dolce vita" ha invece raggiunto l'apice mettendo in scena un Italia in pieno cambiamento sociale e di decadimento dei valori.E' il 1963 e tutti dal produttore Angelo Rizzoli agli attrezzisti della troupe sono pronti per cominciare una nuova avventura per un nuovo capolavoro felliniano,ma Federico e' in piena stasi creativa ed umorale e paventa il crollo,la sensazione che serpeggia da mesi è che il maestro abbia ormai sparato tutte le sue cartucce del suo immenso patrimonio visionario e creativo e come lui stesso dice il film lo ha gia trovato ma non sa da che parte cominciare,il protagonista come previsto sara' l'alter-ego del maestro Marcello Mastroianni anche se in un primo momento si era pensato a Charlie Chaplin o a Laurence Olivier,ma tra Federico e Marcello c'e' una simbiosi ed alchimia naturale oltre ad un amicizia dai toni camerateschi,c'e' da aggiungere inoltre che non si sa neanche la professione del protagonista del film e si brancola quindi nel buio piu' totale. Il regista riminese e' pronto a preparare la lettera al produttore Rizzoli in cui scrivera' che non se la sente piu'di girare in quanto l'idea che aveva in testa gli e' sparita,ma a questo punto uno degli attrezzisti chiama Federico per andare a festeggiare il compleanno di un componente della troupe,Federico viene festeggiato da tutti i membri che lavorano da anni con lui e questo non fa che aumentare la sua inquietudine in quanto il lavoro di quei padri di famiglia dipende solo ed esclusivamente da lui,ma e' in questo frangente che arriva il lampo di genio.....che sara' la genesi dell'avvio a uno dei film piu' celebrati piu' imitati e piu' amati di tutti i tempi,Fellini ha un'idea geniale:il protagonista di 8 E MEZZO Guido Anselmi sara' un regista cinematografico! a Federico non interessa piu' la storia o la struttura del film,gli interessa che sia un film vitale,coadiuvato da una troupe di prim'ordine il film è l'avvio di una nuova grande avventura, il maestro o non lo sa o non lo dice apertamente, ma il protagonista del film non è altro che la sua proiezione,il suo riflesso in quel preciso momento particolare della sua vita,ecco perche' 8 e mezzo e' un film cosi' amato perche' per la prima volta nella storia del cinema un autore ha il coraggio di dire finalmente e" junghianamente" parlando "IO" con tutti gli sforzi,i dolori,le gioie e le paure che questo comporta,il film che il maestro ci regala e' come una confessione fiume ed un autoanalisi introspettiva ed analitica in cui,ansie,gioie,dolori,sogni ed ossessioni si intrinsecano continuamente senza un filo logico che ti dia la possibilita' di capire,tutto qui scorre fluidamente senza nesso o filo logico ma il tutto e' gioiosamente vitale e destabilizzante,per un film simile si sono scomodati autori come Calvino o psicanalisti come Freud nel tentativo estremamente intelettuale di trovare una spiegazione razionale ad un simile affresco che va oltre l'autobiografia e arriva a scandagliare l'animo umano,ma il maestro riminese non aveva intenzioni di stampo intelettuale,il suo unico intento e' stato quello di raccontare le cose cosi com'erano,sulla crisi di un uomo e di un mondo che gia' si era visto nella "DOLCE VITA", 8e mezzo non e' altro che il proseguimento in un certo senso di quel film, il finale della "DOLCE VITA" lasciava intendere l'abbandono del protagonista
della purezza della gioventu' e quindi l'addentrarsi con la maturita' in un mondo popolato di angosce e fantasmi,8 e mezzo rappresenta quindi la naturale apoteosi di questo pensiero.Si e' detto che questo film fosse in un certo senso Freudiano ma non e' cosi',Fellini seguiva in quel periodo la psicologia di Jung e questo è molto palpabile in tutto il film sopratutto quando Guido Anselmi dice:"Queste paure, questi sogni, questi ricordi sono miei, sono io" ed e' qui che si capisce la costola junghiana del ragionamento, in quanto per il grande psicanalista svizzero paure,ricordi e demoni interiori non sono mostri da esorcizzare o da scacciare via,ma bensi' dei nostri preziosi alleati che emergono nei momenti di stanca o di profonda crisi,quando magari si e' detto o fatto tutto e non si sa piu' che dire ed arriva quindi un sentimento di angoscia e di morte che si sente fortemente in tutto il film sopratutto nell'incontro coi genitori defunti.Guido Anselmi(come pure Fellini)capisce a un certo punto che nonostante la sua profonda crisi tutto quello che lo circonda ed e' dentro di lui,fa parte fondamentalmente di lui e non c'e' ragione di sprofondare nell' angoscia,perche' si diventa ad un certo punto consapevoli che ogni crisi anche con i sentimenti amari che ti porta non e' altro che il tentativo del proprio "SE" o del proprio "IO" di farti rinascere e di riportare a galla il tuo talento sperduto,il finale di questo magnifico film e' proprio la sintesi di questo pensiero,con uno splendido balletto finale che inneggia alla rinascita e alla vita.Questo film rappresentera' dunque l'apice creativo di Fellini, forse il suo film piu' visionario,piu' completo e piu' potente visivamente, anche grazie agli splendidi costumi di Piero Gherardi e alla stupenda e barocca fotografia in bianco e nero di Gianni Di Venanzio,Fellini ha avuto il coraggio finalmente di rivoluzionare un modo di fare cinema,con il coraggio di spogliarsi di ogni dogma e moralismo e mostrarci in uno straordinario affresco visivo delle emozioni,paure,gioie,ricordi e desideri di un'uomo, quindi di tutti noi......
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