Regia di Benoît Jacquot vedi scheda film
Parte col botto, buttando lì la didascalia “Versailles, 14 luglio 1789”: il giorno passa tra le consuete frivolezze, ma l’indomani arrivano da Parigi notizie preoccupanti sebbene imprecise. L’intera corte è in subbuglio: si respira il clima concitato di una nave che sta per affondare, fra l’incredulità di fronte a un evento inconcepibile e la volontà di mettersi al riparo (possibilmente senza dare troppo nell’occhio) dalla tempesta che sta montando; ciò vale anche per la servitù, che spia quello che fanno i potenti attraverso le porte socchiuse e tende l’orecchio per captare tutti i pettegolezzi. La mescolanza di vari gruppi sociali in uno spazio ristretto che assomiglia a una trappola è il punto di forza di un film niente male, che nei momenti migliori ricorda Ridicule di Leconte e in quelli peggiori Marie Antoinette della Coppola. Ma il punto di vista è comunque quello di Sidonie, una figlia del popolo ormai abituata a condividere la mentalità dell’aristocrazia fino al punto da annullare sé stessa nel proprio ruolo: quando la sovrana le ordina di impersonare la sua favorita, la duchessa di Polignac, nella carrozza che dovrà portarle in Svizzera, lei obbedisce senza discutere, pur sapendo che la salvezza personale coinciderà paradossalmente con la perdita dell’identità conquistata (“Mi chiamo Sidonie Laborde. Sono orfana di padre e di madre. Ero la lettrice della regina. Obbedisco alla regina. Presto sarò lontana da Versailles. Presto non sarò più nessuno”).
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