Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
Me ne avevano parlato tutti talmente male (un gruppo di ragazze all'uscita di una multisala, un'amica per niente bigotta, un amico gay) che fin'ora mi ero ben guardata da andare a vedere MAGIC MIKE. Ma giorni fa ho visto il superlativo KILLER JOE e mi è venuta voglia di vedere "l'altra faccia" di Matthew McConaughey. E ho avuto una bella sorpresa: a parte l'innegabile femminile appagamento nel vedere un affascinante 42enne con un fisico “da paura”, il suo boss dello strip maschile è uno dei migliori ritratti di capitalista stronzo e sfruttatore che abbia mai visto.
Inutile nascondersi dietro a un dito: nell'economia mondiale l'industria del sesso fa a gara con quelle delle armi e della droga, e questo film ce ne racconta un frammento. E ci racconta di come un giovane falegname che vorrebbe dedicarsi al design di mobili (e che bel catalogo di sue creazioni ci fa vedere a un certo punto) non riesce ad avere in nessun modo un prestito dalle banche per metter su un'azienda sua.
Per questo Mike fa il carpentiere nei cantieri edili di giorno e lo stripper di notte, perché anche lui vuole la sua fettina di sogno americano: non semplicemente fare soldi, perché già ne fa, e tanti, 400 dollari al giorno al cantiere e altri 500 per un paio d'ore di spettacolo a sera, ma vuole poter fare un lavoro che veramente gli piace, creare cose con le sue mani.
I numeri di strip, le pur pregevoli coreografie, l'inevitabile esposizione quasi ossessiva di corpi maschili a dir poco invidiabili sono però una scusa per far vedere altro: uomini che fanno sesso come andare in fabbrica (vedi Joe Manganiello che prima di andare in scena usa una pompa meccanica per avere un'erezione), uomini che hanno superato i trent'anni incapaci di crescere e di uscire dal circolo donne-droga-divertimento, di guardare al di là dell' "immagine", fieramente ignoranti, privi di qualsiasi collegamento con la realtà, uomini di cui ti chiedi cosa succederà quando, arrivati ai quarant'anni, dovranno per forza abbandonare quel mondo artificioso, ma per fare cosa?, in una critica non così velata dell'America di oggi e dello sfruttamento capitalistico dei corpi, operai o stripper che siano.
Con una scelta di regia un po' moralistica l'integerrima e inflessibile sorella di Adam, giovane allievo di Mike, un ragazzo sbandato che senza di lui avrebbe fatto senz'altro una brutta fine, accetta alla fine il suo discreto corteggiamento ma solo quando Mike apre gli occhi sul circolo vizioso in cui è caduto e decide di lasciare lo strip.
Se un difetto possiamo trovare nella sceneggiatura di Soderbergh, che ci ha lavorato insieme allo statuario protagonista Channing Tatum che l'aveva scritta in forma autobiografica, è proprio nel finale buonista e nell'intento moraleggiante: se avesse avuto il coraggio di pigiare un tantino di più sul pedale di una secca critica sociale tagliando un paio di numeri di strip il film ne avrebbe senz'altro guadagnato in forza e asciuttezza.
E mi raccomando, cercate di vederlo in lingua originale: traduzione e doppiaggio italiano sono ancor più vomitevoli del solito.
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