Regia di Tom Tykwer, Andy Wachowski, Lana Wachowski vedi scheda film
Dopo il flop dell’ambizioso e sbeffeggiato Speed Racer, i Wachowski non solo non mollano la presa ma rilanciano la posta. Sempre più in fuga dal successo di Matrix, Lana e Andy si offrono come il terzo lato del triangolo formato da James Cameron e Michael Bay. Le ossessioni umaniste del primo e il feticismo tecnologico del secondo si fondono nel loro cinema in un approccio sensuale e politico che mette in discussione le logiche commerciali dominanti. Cloud Atlas non si limita a mettere in scena un caleidoscopio di cinque (?) storie intrecciate fra loro da un uso vertiginoso del montaggio alternato. No. I Wachowski ambiscono a narrare tutta la Storia dell’umanità e non è un caso che il loro modello di riferimento sia Intolerance, il poema umanista di David W. Griffith, clamorosamente incompreso all’epoca. Dall’interno della fortezza del successo di Matrix, Lana e Andy rilanciano la sfida di un cinema audace e generoso che osi sfidare abitudini fruitive (Cloud Atlas è un film impossibile da raccontare) e tempi del consumo (quasi tre ore di film…). Non solo. Offrono uno specchio fedelissimo della fine del sistema occidentale frantumando la logica del blockbuster. Che non tutto funzioni alla perfezione può interessare solo i farmacisti del gusto armati di bilancino. Non riconoscere e non accogliere la generosità ambiziosa di un film come Cloud Atlas significa corteggiare la mediocrità dominante di un cinema incapace di gettare uno sguardo dal perimetro della propria… inquadratura. Mettiamola così (e siamo convinti che Lana Wachowski sarebbe d’accordo): l’imperfezione, oltre che necessaria, è erotica.
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