Regia di Tom Tykwer, Andy Wachowski, Lana Wachowski vedi scheda film
Un informe ammasso di stili e suggestioni senza capo né coda? Non sarei così drastico, forse non mi esprimerei in questi termini, ma riconosco che il concetto in fin dei conti non sarebbe affatto del tutto dissimile, purtroppo. Non ho presente il romanzo omonimo di David Mitchell, del quale Cloud Atlas (L'Atlante delle Nuvole) dovrebbe essere l'adattamento cinematografico. Che ciò sia un bene o un male, temo abbia poca importanza. Il mio giudizio sul risultato complessivo credo non ne sarebbe comunque scalfito. I difetti rimarrebbero tali.
Il film si presenta come un ciclo continuo fra sei racconti, posti in spazi e tempi distanti fra loro, in una commistione dei generi storico, drammatico, sentimentale (bolso), thriller (fiacco), commedia (grottesca), fantascienza, azione (implausibile) e avventura. Ogni tot minuti (sovente anche solo secondi) si salta da una storia a un'altra. In realtà non è nulla di speciale. Superato il comprensibile stordimento iniziale e afferrato questo semplice meccanismo, infatti, non dovrebbe essere troppo complicato seguire le vicende e ricomporre nella mente quanto è stato frammentato sullo schermo. Si tratta di un banale trucco per rendere non-lineare in apparenza ciò che invece è assolutamente lineare. Magari per alcuni potrebbe dimostrarsi irritante e tale alternanza spezza invero l'affezione e l'interesse, ma a mio avviso non è il problema più grave. Perché tutto questo dovrebbe trovare la sua giustificazione in un presunto gioco costruito con lo spettatore, nella teoria secondo la quale «le azioni e le conseguenze delle nostre vite hanno impatto l'un l'altra attraverso passato, presente e futuro, come se una sola anima trasformasse un assassino in un salvatore e un unico atto di gentilezza si espandesse attraverso i secoli per ispirare una rivoluzione». Si rimane dunque in speranzosa attesa di una qualsiasi connessione logica, fino all'ultimo. Un qualche schema, tardivo sì, ma ugualmente in grado di sbrogliare la matassa inestricabile del senso, del nesso, del significato, della relazione, quel tanto agognato filo sottile a collegamento delle sei trame. Un vero peccato è allora scoprire che non esiste. Si conclude la visione e, delusi, si resta senza risposta. Nulla più di un'esigua voglia cometa. Cosa avrà voluto dire!?
Curioso è almeno l'assistere all'alternarsi degli stessi attori nei volti più disparati, al variare del contesto. Uomini e donne, giovani e vecchi, in molti casi il trucco-parrucco stupisce e meraviglia, ma in alcuni invece tale esperimento fallisce ed è a dir poco inguardabile. All'apoteosi degli effetti speciali si resiste (fascinosi sebbene non eclatanti), meno si apprezza una colonna sonora di fatto sottotono. L'opera non è noiosa, nonostante la lunga durata, complice la bontà delle narrazioni #1, #5 (meglio se epurata dagli eccessi di inverosimiglianze), #6 e in parte #4 (divertente, però fine a se stessa), che avrebbero meritato di essere più approfondite. Tuttavia il suo respiro epico non è sfruttato a dovere, limitandosi a trasmettere un messaggio che si sarebbe potuto ottenere già a partire da una classica ora e mezzo (sospetto con pari o addirittura maggior efficacia). Può darsi che sia un'invenzione coraggiosa, quantunque il sapore non sia quello di sei film al prezzo di uno. Se soltanto avessero palesato un intreccio comune, mi sarei accontentato e ciò sarebbe di certo bastato per promuoverlo.
I sei protagonisti vivono in diversi luoghi ed epoche. Si passa da un avvocato americano di metà Ottocento su un'isola del Pacifico, il quale assiste ai devastanti effetti del colonialismo, a un giovane musicista che s'intrufola nell'esistenza di un celebre compositore, tra le due guerre mondiali. Da un'intrepida giornalista, che indaga sull'omicidio di un fisico nucleare in piena Guerra Fredda, a un editore inglese in fuga dai creditori nella Londra odierna, sino a un clone schiavizzato nella Corea del prossimo futuro. Per arrivare infine all'alba del nuovo mondo - all'indomani dell'Apocalisse - e al suo primitivo, stupefatto abitante.
Sinceramente vorrei poter trovare un senso a questa storia, perché davvero parrebbe difettarne assai.
Un'apparizione alquanto ricorrente, ma domina la scena soprattutto grazie a Zachry, il protagonista #6.
In pratica onnipresente. Pure conciato da donna, nelle vesti dell'infermiera Noakes.
Buona prova come protagonista #1, Adam Ewing; è invece uno "strano" Hae-Joo Chang, coprotagonista #5.
Nulla di rilevante, solo comparse, tipo il gigione Lloyd Hooks.
Due ruoli degni di nota, retti entrambi con grazia: Luisa Rey, protagonista #3, e Meronym, coprotagonista #6.
Qualche breve apparizione sparsa, ma la sua Abbadessa colpisce.
Si nota solamente quando è Robert Frobisher, protagonista #2.
Spicca su tutti nella simpatia del protagonista #4, Timothy Cavendish. Bravo.
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"Le anime attraversano le età come le nuvole i cieli (…) Chissà chi soffia le nuvole e chissà come sarà la mia anima domani? Lo sa solo Sonmi: l’est, l’ovest, la bussola e l’atlante, sì, solo l’atlante delle nuvole, il nuvolario".
Messicana clandestina e marinaio nero esperto in regate fuggono su un isola infestata da demoniache presenze dopo aver sottratto i nastri originali di un'opera sinfonica ad un compositore gay ed al suo compagno editore di fantascienza amante di un gangster senza scrupoli ed affascinato dalle infermiere manesche invischiato in un traffico illegale di alimentari alterati di un fast food cult in un futuro apocalittico dove ogni progresso verrà azzerato ad eccezione di alcuni aliscafi alimentati a sapone atomico residuo di un'era futuristica non distopica tutto a copertura di una multinazionale petrolifera che gestisce piattaforme oceaniche camuffate da casa di cura dedite alla ricerca di galeoni e tesori scomparsi di origine preprimitiva.
Forse non è proprio questa la trama ma vallo a sapere tu se una volta legato ben bene quell'intero bue sulla bracetta traballante del terrazzino ti usciranno fuori proprio quegli arrosticini che tanto sognavi... qui emozioniamo in una frazione di secondo, qui non c'è tempo di somatizzare perché il montaggio ti stronca l'analisi e t'incarta (con) le immagini a mitraglietta mentre ancora il disagio tracima sugli occhi spalancati di qualche fotogramma precedente e perdiamo irrimediabilmente quel sentiero dove altri allegramente s'avventurano in limousine... Che il finale stucchevolizzi il messaggio può essere considerata anche dal soprascritto nota negativa (e da qui la perdita della quinta stella), ma che gentilezza e crimine indirizzino il mondo rimane piatto forte di un'umanità allo sfascio e servito come arrosticino superstite di un clamoroso rogo sul terrazzino pre-ci(pi)tato mi suona innegabile come quei sette/otto (tanto per esorcizzare i famosi sei) gradi di separazione invocati in schizzato peregrinare - forward and rewind - dal 1849 al 2321. Qualcuno ha quasi colto nel segno definendolo bignamino dell'umanità, ma questo promette un livello di difficoltà in più, con le pagine numerate ad capocchiam...
E poi come non accontentarmi di Hanks che con un solo, preistorico, rantolo di terrore, mi azzera tutto lo pseudorutilante Di Caprio gatsbyano... ;)
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