Regia di Tom Tykwer, Andy Wachowski, Lana Wachowski vedi scheda film
Strano percorso quello dei fratelli Wachowski. Habituè del cinema mainstream di cui certamente utilizzano le forme, i due autori ad ogni film non smentiscono la loro fama di registi alternativi procedendo con metodica determinazione alla costruzione di una cosmogonia che partendo da situazioni note della nostra contemporaneità la rimodellano secondo i parametri di un sincretismo filosofico e spirituale aggiornato alle consapevolezze del nuovo millennio. E così dopo il botto del primo “Matrix”(1999) ed alcuni episodi interlocutori la “nuova religione” torna a farsi viva in questo “Cloud Atlas”, ultima fatica dei fratelli Wachowski per l’occasione affiancati dal collega tedesco Tom Tykwer ("Lola corre",1988). Sviluppando un canovaccio che interseca personaggi e storie diluite nel tempo e nello spazio gli autori del film affermano l’esistenza di un “anima mundi” capace di riflettersi e moltiplicarsi attraverso i secoli della storia, presentando situazioni e personaggi apparentemente distanti ed invece collegati tra di loro dall’unicità di quella fiamma primigenia da cui tutto deriva. All’insegna delle vite precedenti, le esistenze dei vari protagonisti si srotolano come un unico grande romanzo dove a cambiare è solo l’involucro, adattato di volta in volta alle varie contingenze ma sempre accompagnato da una concatenazione di anime che alla maniera dell’araba fenice muoiono e si rigenerano assecondando corrispondenze misteriose ed affascinanti. Come un boomerang scagliato da un ignaro lanciatore ogni gesto, ogni azione, bella o cattiva che sia, si riflette nell’universo temporale abbracciando le vite di altrettanti ignari destinatari che lo accolgono trasformandolo in qualcosa di diverso eppure uguale, in qualche modo ricollegato al punto di partenza. Per questo motivo la bellezza di un film come “Cloud Atlas”, impegnativo sia nella lunghezza del minutaggio (si superano le tre ore) che nei continui andirivieni spazio temporali non risiede nell’analisi dei singoli microcosmi che il film mette in piedi, ma nella visione complessiva, in cui l’assunto del film, “Tutto è connesso”, viene reso da un montaggio davvero sopraffino, capace di realizzare un rapporto causa effetto a volte chiaro, altre volte sottile, che si rivela soprattutto a chi è capace di sintonizzarsi con il ritmo di un film che procede come flusso di coscienza. In questo modo lo spettatore più che appassionarsi alle singole vicende, di per se abbastanza scontate tanto negli sviluppi quanto negli esiti, può trovare le sue soddisfazioni nel purezza delle immagini, naive come si conviene ad un film che ha l’ardire di rappresentare le forme dell’anima. Interpretato da un cast di multiforme lucentezza (Tom Hanks, Halle Berry, Ben Winshaw tra gli atri) “Cloud Atlas” deluderà le aspettative di quanti avrebbero voluto il seguito di “Matrix”. Qui invece il dettaglio spettacolare è sopraffatto dal senso di una riflessione che si nutre di meraviglia e di scoperta più che delle possibilità offerte dagli effetti digitali. Il make up vistosamente applicato sulle facce degli attori rende come meglio non si potrebbe il carattere accessorio della corporeità dell’essere umano: tanto artificiali e goffe sono alcune di quelle acconciature, tanto è leggero e vitale lo slancio che da esse viene fuori.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta