Regia di Tom Tykwer, Andy Wachowski, Lana Wachowski vedi scheda film
Un kolossal vuoto.
Sono uscito dalla sala confuso ed amareggiato, non sapendo quale giudizio dare al film. Sicuramente la pellicola mi ha dato l'impressione di un grande impegno e di un grosso budget e tutto ciò stava quasi per spingermi ad assegnare la sufficienza. Poi ho pensato che la confezione era si buona, ma ciò che mancava era il contenuto. Che la cornice era dorata e splendente, ma la sua bellezza era vacua e sfuggente.
Vengono narrate sei storie, interpretare più o meno dagli stessi attori in ruoli differenti, tuttavia il filo conduttore che le lega è piuttosto tenue.
Dato che le vicende si svolgono in epoche differenti, i registi vorrebbero mostrarci (addirittura!) la storia e l'avvenire dell'umanità intera. Purtroppo queste storie appiano tremendamente indipendenti tra loro e sembrano ripescaggi di film mai entrati in produzione e ridotti alla durata di un mediometraggio.
Non avrei proprio compreso il filo conduttore se non avessero ripetuto fino allo sfinimento che: dal grembo alla bara, il nostro passato è scritto e noi costruiamo il futuro di altri. Come a dire che i nostri antenati hanno già predestinato la nostra esistenza e noi faremo lo stesso, in un circolo senza fine. Che gli errori dei padri pregiudicano il presente e noi continuiamo a commettere (in modo differente) gli stessi errori pregiudicando altri ed alla fine l'umanità sarà inevitabilmente destinata all'autodistruzione. Eppure queste storie paiono non avere quasi nulla in comune l'una con l'altra tantoché il finale di una vicenda, non giustifica e non spiega la successiva (cronologicamente parlando).
I generi sono i più disparati: si va dalla commedia, al dramma alla fantascienza e vengono raccontate con stile discontinuo, passando per sequenze toccanti e banali, disdicevoli ed interessanti.
Il peggiore credo sia quello dell'editore rinchiuso in una casa di riposo, perché è pregno di umorismo infantile e di un finale smielato e non si capisce (qui più che mai) cosa c'entri con le altre storie. Il migliore è quello del musicista omosessuale, che riesce ad essere (almeno un minimo) poetico.
Perciò questo Cloud Atlas infine è un kolossal vuoto, che dura quasi tre ore per non dire quasi niente e quel poco è costituito da retorica e banalità. Qualche pregio lo avrebbe ma, nell'insieme, il totale è inferiore alla somma dei suoi addendi. Cerca di ingannare lo spettatore ansioso di filosofia e stufo del solito blockbuster, con una fattura costosa e tante ambizioni, che finiscono nel vuoto.
A vederlo tutto sommato non ci si annoia, perché c'è la curiosità di vedere come le storie s'intrecceranno e di capire cosa i registi hanno da dirci ed è una delusione scoprire che Cloud Atlas non è altro che una sordida operazione commerciale e che tutte le storie non portano ad altro che a: niente.
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