Regia di Julian Gilbey vedi scheda film
Adrenalinico thriller in grado di coniugare brividi d'alta quota -cioè a dire indotti da location vertiginose- a più terreni inseguimenti. Teso anche per via di una lunga sequenza di cecchinaggio, in forte anticipo sulle dinamiche di Carnage park (2015) e Downrange (2017).
A Lonely Place to Die (2011): Locandina originale
Cinque amici, appassionati di free climbing, si trovano nelle highlands scozzesi, in prossimità di Annan Mor. Mentre sono in direzione del monte da scalare, occasionalmente rinvengono Anna (Holly Boyd), una bambina chiusa in una cassa sepolta, mantenuta in vita da un improvvisato sistema di aerazione. È la figlia di un criminale di guerra serbo, sequestrata con finalità di riscatto da Kidd (Sean Harris) e McRae (Stephen McCole). Poco dopo averla liberata, finiscono sotto le attenzioni dei sequestratori, armati di fucili e pronti a tutto pur di recuperare la piccola.
A Lonely Place to Die (2011): Melissa George
Nel 2009 Abel Ferry gira un vertiginoso thriller ambientato in alta montagna, protagonisti cinque esperti di sport estremo che, tra funi e picchi di montagne da scalare, hanno la sventura di imbattersi in un cacciatore solitario, con mania omicida. Si intitola Vertige (High lane) e pur essendo girato in Francia, presenta uno spunto iniziale sorprendentemente simile a questo A lonely place to die. Non è da escludere che Julian Gilbey, regista anche sceneggiatore del film, sia stato fortemente suggestionato dalla stessa idea di ambientare un thriller ad alta quota. In particolare, decisamente, interessante appare il primo tempo, girato con stile vorticoso, grazie ad un attento uso di drone e con riprese in campo lungo mozzafiato, in grado di rendere partecipi i paesaggi d'alta montagna, circoscritti tra rilievi naturali sfiorati, accarezzati, da manti di nubi.
A Lonely Place to Die (2011): Kate Magowan, Holly Boyd
La preparazione degli stuntmen e l'attenta regia, unita ad un cast di enorme professionalità, contribuisce a rendere straordinaria l'esperienza della visione sino ad oltre metà tempo. Quando la frenetica azione si sposta nella cittadina, il film cala di tono anche a causa di una sceneggiatura che si fa più convenzionale e meno interessante. Nonostante tutto, A lonely place to die può ben rendere l'idea delle buone doti di Julian Gilbey, regista che ha molte potenzialità e che -dopo avere diretto un paio di episodi della serie TV X Company e un segmento del collettivo ABCs of death 2- torna sull'argomento vertiginoso con Summit fever (2019). Nonostante la tiepida accoglienza del pubblico, A lonely place to die ha fatto una discreta collezione di premi: e non sorprende che a Sean Harris sia andato il riconoscimento come miglior attore, soprattutto -ad effetto retroattivo- in considerazione del suo successivo eccezionale ruolo nei panni di Philip, nello stupefacente horror psicologico Possum.
A Lonely Place to Die (2011): Sean Harris
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me lo segno...
Se ti piacciono i film con ambientazioni panoramiche, in mezzo alla natura, questo è sorprendente.
Ciao
Il film mi ha molto deluso, troppa disparità tra una prima mezz'ora quasi perfetta e una seconda parte da action rutilante e grossolano, ma come al solito la tua opinione è ricca di spunti, soprattutto per i titoli a me ignoti che citi. Un caro saluto Stefano
Ciao Stefano. In effetti il fim è diviso esattamente in due tempi del tutto differenti. La seconda parte potrebbe, come è accaduto a te, deludere. Resta però impressa la non comune tecnica messa in campo dal regista.
Grazie per il commento.
Ciao
Tra l'altro mi sono messo a leggere varie opinioni (tra cui anche la tua) relative a "Vertige" e ho visto il relativo trailer: temo che i limiti di "A lonely place to die" siano in questo caso amplificati. Per il momento passo...
Vertige è molto meno interessante. Se lo eviti, non perdi nulla (secondo me).
Ciao
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