Regia di Don Coscarelli vedi scheda film
Don Coscarelli è certo sinonimo orgoglioso e convinto di serie “B”, ovvero tante idee supportate da pochi mezzi e, talvolta, molto estro ed inventiva in grado di esplicitarle. Ma avere, come nel caso del qui presente cineasta di origini italiane, nel proprio tutt'altro che sterminato curriculum di regista cinematografico almeno 3 cult - (o scult che dir si voglia, e considero tali “Fantasmi”, prima felice incursione di una serie horror rivelatasi nel suo ripetersi meno convincente, o il fantasy erotico povero ma potente “Kaan Principe guerriero”, forte di una bomba sexy per eccellenza, la charliesangels e bondgirl “Tanyona” Roberts, mia “attrice” (parola grossa?) di riferimento anni '80 e '90, e, primo fra tutti, il tardivo Bubba Ho-tep, gioiellino sfasato e folle sui deliri di un Elvis Presley-Bruce Campbell in crisi e alla deriva a cui è stata rubata l'identità) - non è proprio da tutti.
John dies at the end, titolo ingannatorio e neppure per sogno rivelatore di soluzioni (ma in questo modo ho fatto spoiler io?), è una baracconata fantascientifica intrigante e sgangherata, che sembra perdersi, pure questa come Bubba, in mille sottostorie e vicende, per portare avanti, in realtà con destrezza e una buona tenuta di sceneggiatura, le tragicomiche ed orrorifiche avventure di due sfaccendati studenti fuoricorso, assurti per caso al ruolo di salvatori del mondo. Minacciato questa volta da una potentissima droga, in gergo definita non senza una certa ironia “salsa di soia”, la quale, una volta assunta, scatena fenomeni collaterali spaventosi se non mostruosi che ambiscono a contaminare il mondo intero, a partire dalle generazioni più giovani e facili alla persuasione maldestra.
Punteggiato da camei fondamentali di Paul Giamatti (che figura anche fra i produttori della pellicola) e dal gigante highlenderiano Clancy Brown, il film farsa di Coscarelli è un tripudio di effettacci grezzi ma efficaci che sottolineano con vanto certi natali poveri ma orgogliosi di cui la pellicola va orgogliosamente fiera; ha battute sarcastiche, volgari ma brillanti che si fanno spazio tra le solite banalità che affollano la testa del ceto studentesco, e si avvicina come stile alle baracconate di serie “A” lodate ed apprezzate (sin troppo) di registi come Benicio Del Toro.
Coscarelli, che con questo folle filmino ci offre un gradito ritorno al cinema dopo tanto (forse troppo) tempo dedicato ai serials fanta-horror per la televisione, in fondo resta cocciutamente legato saldamente, e ci piace in particolare proprio per questo motivo, al genere fantasy, al quale dona sfumature talvolta horror, talvolta da commedia nera, talvolta, come in questo caso, connotati da fantascienza macabra, fosca e purulenta con tanto di mostri e vermiciattoli dai denti aguzzi, con spruzzate e divagazioni da commedia giovanilistica che aiutano a rendere più gustosa l'amalgama spessa, versatile e un po' troppo variegata costituita dal debordante prodotto finito.
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