Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Certo fa impressione vedere Lincoln che scilipoteggia coi membri della Camera alla stregua di un berluschino qualsiasi ed avvertiamo come una situazione lontana anni luce quella dei negri in catene od al massimo “legalmente equiparati”, noi che al telegiornale ascoltiamo serenamente, oggi, un nero di casa alla Casa Bianca (e troviamo perfino insopportabile sentirli chiamare negri, consuetudine comune all'epoca, per l'intera durata del film).
È forse questa distanza siderale dall'allora nocciolo del problema a renderci riottosi verso l'impianto spielberghiano che punta tutto sulla risoluzione di una questione (in teoria) superata, mentre, paradossalmente, la guerra, che sembrava generata unicamente dal “problema” schiavitù, è un fenomeno disumano (in pratica) che non c'abbandona ancora, e ci troviamo ancora indifferenti - o perlomeno rassegnati -, invece, verso altri spietati insulti a quella Giustizia ed a quella Uguaglianza invocate 150 anni fa da Lincoln, quando pensiamo che un bimbo sulla Terra muore di fame ogni sei minuti: il voler abolire la schiavitù, all'epoca, è un po' come muoversi oggi contro la piaga della fame. Un orpello naif. Un conto corrente di beneficenza a Natale. Roba da FAO, roba che ci riguarda giusto di striscio, mentre scansiamo al supermercato, furbetti, la mozzarella che scade domani.
Ma stiamo andando (ma anche no) fuori tema.
Il film rimane essenzialmente un esercizio stilistico dove cast e fotografia si esaltano nella staticità delle situazioni, dove taglienti luce e controluce acrobateggiano sui volti in primo piano, dove guerra ed azione vengono esaltate solo nelle conseguenze (sterminati mucchi di cadaveri, fosse comuni ed addirittura l'attentato finale saltato a piè pari probabilmente per non cadere nella tentazione di spettacolarizzarne l'evento), dove anche le originalità di dialogo si limitano a rare, esaltanti, parentesi azzeccate (come la geniale uscita dall'angolo di Thaddeus Stevens (Tommy Lee Jones), dove l'aveva costretto il rappresentante dei democratici - ma democratici de che? -) oppure la bellissima frase della governante nera di Sally Field: “Che ne faremo della libertà? Intanto avercela.. a cosa farne ci penseremo dopo”, mentre parecchie caratterizzazioni e sottolineature, anche dello stesso Lincoln con le sue storielle spesso elargite in momenti affatto opportuni, sembrano forzarne un disegno atipico, di chi è fuori dagli schemi e viaggia oltre, (anche con quel falsetto che Favino in doppiaggio interpreta per quel che può. Com'è, Pannifono c'aveva da fare altro?).
Un po' poco per l'Oscar, nevvero?
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