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Lincoln

Regia di Steven Spielberg vedi scheda film

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La recensione su Lincoln

di miss brown
4 stelle

Ho visto LINCOLN e non mi è piaciuto per niente: siccome tanto la storia la sanno tutti ne parlerò cominciando dalla fine, cioè da cast & crew.

Daniel Day-Lewis offre come sempre una performance di impressionante bravura: il bel ragazzo che nel 1985 girò due film diversissimi come CAMERA CON VISTA e MY BEAUTIFUL LAUNDRETTE, vincitore dell'Oscar per IL MIO PIEDE SINISTRO (1989) e IL PETROLIERE (2007), che è stato vigoroso e selvaggio in L'ULTIMO DEI MOHICANI (1992), elegante e raffinato in L'ETA' DELL'INNOCENZA (1993), terrorista ravveduto in THE BOXER (1997) e feroce macellaio in GANGS OF NEW YORK (2002) si è qui sottoposto a lunghe sedute di trucco per impersonare il Presidente Lincoln, che sembrava così vecchio, e invece aveva la sua stessa età. Un'interpretazione mimetica, resa con ogni muscolo del suo corpo, una recitazione tutta in sottrazione spesso bisbigliata, che deve aver reso il doppiaggio problematico (ho trovato più che decente il lavoro di Pierfrancesco Favino, da molti ingiustamente strapazzato). Più che meritata la sua candidatura all'Oscar, e anche quella di Sally Field che, per quanto abbondantemente fuori età, dà un'interpretazione convincente di Mary Todd Lincoln, mater dolorosa molto maltrattata dalle cronache dell'epoca, in realtà figura tragica solo recentemente rivalutata. Altra candidatura meritata quella di Tommy Lee Jones,nei panni del leader repubblicano alla Camera dei Rappresentanti Thaddeus Stevens, anti-schiavista radicale, scorbutico e dalla lingua tagliente con alleati e avversari, ma capace di inattesa tenerezza: una parte che sembra inventata per lui. Il veterano David Strathairn è il Segretario di StatoSeward e il giovane Joseph Gordon-Levitt il disobbediente Robert Lincoln: entrambi sfoggiano come sempre recitazione elegantissima e grande fascino.

Nelle tante altre piccole e piccolissime parti è una gara a riconoscere una miriade di solidi professionisti, eccellenti attori di cinema e serie tv: principalmente James Spader, che conserva qui i molti chili di troppo di BOSTON LEGAL e THE OFFICE, Gloria Reuben di THE AGENCY e E.R. e Walton Goggins di THE SHIELD e DJANGO UNCHAINED. E poi Elizabeth Marvel di THE DISTRICT, PERSONS OF INTEREST e A ROYAL WEEKEND, John Hawkes di DEADWOOD e UN GELIDO INVERNO, Michael Stuhlbarg di STUDIO 60 e BOARDWALK EMPIRE, Lukas Haas, da bimbo amish in WITNESS a serial killer in CRIMINAL MINDS, l'87enne Hal Hallbrook che fu a sua volta Lincoln nel 1974 nel tv-movie omonimo e poi ancora nella serie NORD E SUD del 1985/86, Jared Harris di MAD MEN e FRINGE e S. Epatha Merkerson, per 20 anni e 391 episodi Lt. Anita Van Buren di LAW & ORDER. Un complimento speciale se lo meritano il responsabile del casting, per la scelta riuscitissima delle “facce”, e quello del trucco & parrucco, un lavoro titanico dai risultati strepitosi.

 

Uno sforzo umano e professionale enorme per un risultato mediocre: qui cominciano le dolenti note, ovvero perché trovo assurda l'idea di dare un Oscar a Steven Spielberg per la regia e a Tony Kushner per la sceneggiatura. Avevano già collaborato nel 2005 per il tragico ma limpido, asciuttissimo MUNICH; qui, basandosi sul saggio della storica Doris Kearns Goodwin (Premio Pulitzer, autrice anche di biografie di Johnson, Kennedy e Roosvelt), si sono concentrati sugli ultimi mesi della vita di Lincoln, dedicati alla lotta per l'approvazione del 13° emendamento che aboliva la schiavitù, e hanno sfornato uno dei più verbosi e noiosi script della storia del cinema, in alcuni brevissimi momenti veloce e ritmato, ma per la maggior parte magniloquente fino allo sfinimento. Un copione schizofrenico, che paradossalmente funziona benissimo solo quando l'ingombrante protagonista è assente: forse perché, volendo raccontarci l'uomo, per sfuggire al rischio dell'agiografia hanno finito per trasformarlo quasi in una macchietta. Invece di un santino ci troviamo di fronte ad una vignetta caricaturale, un Lincoln che recita interminabili, dottissimi pistolotti moraleggianti infarciti da citazioni della Bibbia alternati a sproposito con aneddoti che non fanno ridere e storielle edificanti nei momenti meno opportuni (ci sono state risparmiati riferimenti alle predilette favole di Esopo, per fortuna). Dimenticate SALVATE IL SOLDATO RYAN: della guerra e delle sue carneficine si intravvedono giusto un paio di asettiche inquadrature; assente ogni indignazione, la pietà e il dolore sono solo nelle interminabili liste di morti pubblicate dai giornali. E naturalmente i nordisti erano tutti buonissimi e i sudisti tutti cattivissimi. Della tragedia della schiavitù si intravvedono pudicamente solo alcune fotografie, guardate di nascosto dal figlio di 6 anni del Presidente, l'unico che pone candidamente alla governante nera ex-schiava l'elementare domanda: Ti picchiavano? Persino la scena dell'assassinio è solo narrata, come per un'imposta autocensura. Le lunghissime, estenuanti discussioni alla Camera sul 13° emendamento e relativi cavilli e sottigliezze legali sono per noi incomprensibili. L'interesse è risvegliato nello spettatore (o per lo meno nello spettatore NON statunitense) solo quando si intravvedono riferimenti alla storia contemporanea anche nostra: ad esempio una compravendita dei voti da far invidia a Mani Pulite.

In definitiva un testo ampolloso, pomposo, enfatico, prolisso, retorico: lo so, sono tutti sinonimi, ma l'accumulo rende bene l'idea. Tony Kushner ci aveva regalato 10 anni fa il meraviglioso, mitico spettacolo teatrale, poi diventato tv-movie, ANGELS IN AMERICA: stupefacente, crudo e insieme poetico, fantasioso, a tratti delirante e persino blasfemo, ma in 6 ore di spettacolo (l'ho visto a teatro tutto di fila) non c'era un minuto di noia; qui, con tutta la buona volontà, si guarda l'orologio ogni mezz'ora e sono passati solo dieci minuti.

Il film dura 2 ore e mezza, con una mezz'oretta in più sarebbe stato un onesto, non memorabile tv-movie in 3 puntate. La regia è piatta, televisiva, senza fantasia. Steven Spielberg ha completato con LINCOLN una Trilogia sulla Schiavitù iniziata nel 1985 con IL COLORE VIOLA, girato con la pancia e il cuore, e proseguita nel 1987 con AMISTAD, girato con il cervello – questo LINCOLN è girato con i piedi.

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