Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Che meraviglia questo Spielberg serio ed adulto, riflessivo e concentrato che rifugge il più possibile le retoriche, facili tranelli in cui invischiarsi trattando le appassionanti tematiche inerenti diritti umanitari e questioni razziali, che costituiscono il fulcro della vicenda, per attenersi a fatti storici precisi in una cronaca concitata - pur se tutta frutto di un fitto dialogo tra due fazioni contrastanti e fieramente opposte.
Un fiume di parole che hanno portato tuttavia a fatti concreti molto più della atroce guerra fratricida che ha conteso gli stati di una medesima grande nazione, da secoli ormai simbolo e suggello di una libertà che tuttavia è stata conquistata duramente, con milioni di vittime innanzi tutto di un fenomeno aberrante e oggi tenuto sempre troppo lontano da pensieri e riflessioni come la schiavitù, poi ancora a causa della sanguinosa guerra civile che ne è seguita.
Lincoln è dunque un fiume di parole più che di immagini; un film maestoso ma quasi teatrale, in cui tuttavia Spielberg non rinuncia alle ormai note inquadrature magistrali di scene di guerra orrendamente crude e tutte stupendamente e tragicamente uguali nel rappresentare la morte e lo sterminio, efficaci dunque nel significare quanto abominevole e inutile sia la guerra, si tratti dello sbarco in Normandia come della Guerra di Secessione; di quanto vergognose siano le conseguenze della cattiveria umana, siano esse frutto di una strage in un campo di sterminio, sia che derivino da una carneficina lunga e agonizzante in seguito a lavori forzati alla stregua di una bestia.
Lincoln è ancora un film denso di avvenimenti, ma tuttavia concentrato tuttavia su pochi mesi di vita (gli ultimi) e lavoro concitato del più grande presidente degli Stati (che grazie a lui torneranno) Uniti; una pellicola che sfiora appena sul finale l'episodio tragico dell'attentato e della morte per concentrarsi più intelligentemente sulla battaglia di tutta una vita condotta da questo uomo alto e magro, spigoloso e ironico, gentile ma determinatissimo: quella volta a far passare, anche solo per un paio di preziosissimi voti, l'agognato tredicesimo emendamento da apportare alla Costituzione americana: quello che abolirà finalmente la schiavitù, lo sfruttamento e la persecuzione di una razza sull'altra.
Ma Lincoln è pure un film sulle problematiche più personali ed intime di una famiglia, anzi della famiglia americana per eccellenza, che sopravvive (o almeno cerca di farlo) ai dolori inconsolabili della perdita di un figlio bambino e vive con ossessione il timore di perdere gli altri due a causa della guerra o delle implacabili malattie che non conoscono eccezioni e non risparmiano i ricchi e privilegiati dai poveri, agendo - caso piu' unico che raro - in modo democratico ed indiscriminato.
Lincoln è infine uno stupendo film di scrittura e di recitazione, valorizzato da tre premi Oscar eccezionali ed emozionanti (Day Lewis/Field/Lee Jones) che potrebbero tranquillamente e meritatamente riconquistarne un altro a testa (e per Day Lewis e la Field si tratterebbe in tal caso del terzo!).
Daniel Day Lewis in particolare si cala sul personaggio con la consueta maestria che evita, più che in altre sue pur eccellenti interpretazioni, gigionamenti e artificiosi manierismi imitativi, e riesce, grazie anche al suo fisico asciutto e spigoloso a renderci un Lincoln che non conoscevamo né immaginavamo proprio: uomo risoluto ma ironico e pronto alla battuta, semplice e pratico, oltre che il fiero e onesto uomo politico che la storia ufficiale ci ha consegnato per sempre alla memoria.
Una gigantesca interpretazione dell'attore inglese, se possibile impreziosita dall'efficace doppiaggio di un Pierfrancesco Favino dalle tonalità che emozionano e avvincono.
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