Regia di Wes Anderson vedi scheda film
La storia è di una semplicità elementare.
Siamo negli anni Sessanta, su un'isoletta del New England. Due dodicenni, Sam e Suzy (Jared Gilman e Kara Hayward) s’innamorano e organizzano una piccola fuga per trovare il tempo di stare insieme, lontani dalle costrizioni e dalla anaffettività degli adulti: lei scappa da una stramba famiglia scombinata; lui da un campo scout nel quale l’hanno parcheggiato dei genitori affidatari che vogliono abbandonarlo; insieme – con quella che gli aridi adulti chiamano una “scappatella” – cercano di dare aria ad una nascente storia d’amore.
Mentre si prepara lo scatenarsi di una grande burrasca, tutti gli abitatori stanziali o occasionali dell’isola, compreso un cane, partono alla ricerca dei fuggitivi: i genitori di lei (impersonati da Bill Murray e Frances Mc Dormand), lo sceriffo amante della donna (Bruce Willis), i responsabili del campo scout (Edward Norton ed Harvey Keitel) alla guida della squadra dei piccoli esploratori e l’assistente sociale (Tilda Swinton).
[Quella del cast è una singolare sorpresa che Anderson ci regala, affidando a due ragazzini esordienti i ruoli dei protagonisti e assegnando le parti secondarie ad un gruppo di mostri sacri del cinema hollywoodiano espiantati dai loro abituali cliché].
L’azione si svolge in un paesaggio ai limiti dell’irreale: casette linde, prati con alberi e cieli come quelli dipinti dai bambini, acque e baie incantevoli e boschi incantati; i gesti ed i movimenti hanno marcature teatrali; gli abiti e le acconciature sono il trionfo del vintage, così come gli accessori, gli oggetti, i libri sbiaditi, il mangiadischi esausto e frusciante con musiche retrò.
Le inquadrature hanno la composizione dei dipinti naïf o dei fondali di teatro, i segni grafici sono elementari, i colori virano al pastello (quasi da cartoon).
L’artificiosità fittizia, da recita scolastica, crea attorno alla storia un’atmosfera fiabesca, irreale, proprio come fiabesca e irreale è – in questo nostro mondo – la tenerezza ingenua del primo innamoramento.
Per questo il film cattura l’attenzione, coinvolge e commuove.
È impossibile per un uomo non rispecchiarsi nell’impalpabile tristezza dei genitori di Suzy che vivono nella malinconica rassegnazione dopo essere stati costretti dalla vita a ridimensionare gli entusiasmi adolescenziali; e soprattutto è istintivo vedere passaggi della propria adolescenza nelle manovre dell’occhialuto Sam che, infelice per carenza d’affetto, emarginato e strapazzato dai compagni, dimostra di avere la stoffa del leader e conquista il cuore della amabile Suzy.
Ed è naturale per qualsiasi donna identificarsi nel dolce romanticismo di Suzy che non si separa mai, nella rocambolesca fuga, dalla sua musica e dai suoi libri (che sono il sottofondo del sogno d’amore e l’alimento del desiderio di evasione).
Nella prima parte del film, gli adulti che hanno dimenticato la tenerezza (per stupidità o per noia, per opportunismo o per stanchezza), si muovono per soffocare un amore che nasce e per ricondurre i sognatori alla desolante realtà; e lo fanno in maniera sgradevole e dissonante, come strumentisti che provano la parte (vedi la colonna sonora e, soprattutto, l’appendice didascalica dopo i titoli di coda).
Nella seconda parte invece scatta in tutti la molla che risveglia il mai sopito bisogno di calore e di affetto. E tutti si lasciano lentamente contagiare: si muovono per proteggere un sogno che nasce, per rivisitare i desideri inappagati, per riassaporare un piacere che si sono negati.
I sentimenti tornano a riaffiorare: l’infelice Murray (che contiene le frustrazioni abbattendo alberi) e McDormand (che chiama i figli col megafono) scoprono l’assurdo delle loro incomunicabilità; l’istruttore Ed Norton, goffo e frustrato, trova insulse le regole marziali che adotta e impone; per Bruce Willis diventa inconcepibile la rassegnazione sconsolata che nasconde sotto la divisa di sceriffo.
Tilda Swinton - l’arida “Servizi Sociali” - si arrende per ultima alla concretezza della fantasia, mostrando l’ incongruenza della sua ottusa rigidità.
Ognuno di noi vorrebbe, come Suzy, avere un binocolo col quale osservare la realtà a distanza, per non farsi contaminare.
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