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Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore

Regia di Wes Anderson vedi scheda film

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Baliverna

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La recensione su Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore

di Baliverna
7 stelle

Una specie di "Stand by me" non convenzionale, ambientato nel mondo dei boy-scout americani degli anni '60.

E' proprio un film fuori dagli schemi questo, benché sia popolato da nomi noti. Però già il fatto che costoro interpretino tutti non dei cameo ma semplicemente dei ruoli secondari dice qualcosa dell'originalità dell'opera. Il più convincente è il malinconico Bill Murray.
La pellicola racconta di un amore tra un dodicenne e una ragazzina poco più grande di lui, nell'ambiente degli scout o simil-scout americani. Certo, sono molto giovani, ma ciò non di meno si innamorano, e ovviamente sono avversati dagli adulti. Questi non riescono a capire e ad accettare una cotta adolescenziale - come di solito accade - e l'imperativo diviene separarli subito, sperare che si dimentichino in fretta, ed azzerare tutto l'accaduto. Ma le cose non vanno mai per questo verso, perché i sentimenti sono una sfera che molti pretendono ma nessuno può e riesce manipolare. Nella mischia di adulti allarmati e invadenti s'intrufola anche una qualche psicologa o psichiatra, che alla svelta diagnostica al ragazzino la pazzia (con la scusa che è un orfano adottato) e chiede di sottoporlo addirittura all'elettroshock. Questo sì che gli farebbe bene, molto meglio dei bacetti con la ragazzina...
Benché si parli di primo amore e di fughe d'amore, è un film poco romantico, o per nulla. Ha tuttavia un'aria fresca e ingenua, quasi fosse girato da qualche coetaneo dei protagonisti, e riesce a catturare qualcosa della magia della prima cottarella. L'ambientazione sull'isola selvaggia, dall'altra parte, è suggestiva (anche se il tempo fu inclemente durante le riprese). Nel finale, però, mi pare scivoli un po' nello slapstick, specie nella sequenza del fulmine. Anche quella sulla torre è troppo semplicistica e grossolana.
Il regista dirige con un buon ritmo e una macchina da presa vivace; segnalo in particolare l'uso ripetuto, e riuscito, del carrello laterale. La vicenda ha secondo me il sapore della storia vera, forse autobiografica per chi l'ha scritto. E' certamente un film da vedere, nonostante i suoi difettucci, che mostra come il cinema americano sappia uscire ogni tanto dal solito binario usurato e consumato, quello dello standard assoluto, del non coraggio di cambiare e della zero creatività.

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