Regia di Wes Anderson vedi scheda film
La mia visione di questo film era nata sotto i migliori auspici. Sono un grande estimatore del cinema di Wes Anderson, uno di quei cineasti irregolari e dolcemente folli che regalano alla settima arte uno stile personalissimo ed inimitabile (e potrei fare sicuramente altri due nomi, quelli di Spike Jonze e Michael Gondry). Nutrivo verso questa pellicola grosse aspettative. Ebbene, la visione mi ha condotto oltre le mie pur impegnative attese. La voglia di metter nero su bianco la mia condizione di cinefilo appagato era alle stelle, e con entusiasmo mi sono apprestato a stilare le presenti modeste note. Ma la mala sorte era in agguato. Proprio mentre mi sono seduto al tavolo dove di consueto scrivo, mi è piombato addosso un mix di tosse e raffreddore, in pratica i sintomi di una tremenda influenza che mi ha messo al tappeto, inibendo ogni mio sforzo creativo ed impedendomi di scrivere qualunque cosa, inducendomi piuttosto a mettermi a letto, tra medicine e termometri. E così mi ritrovo a scriverne ora, a una settimana circa da quella visione, quando certi dettagli nella mia memoria sono presenti in modo magari leggermente sfocato. Ma la sostanza, in ogni caso, non cambia: il film è uno dei più belli dell'anno che sta per concludersi oltre che uno dei più riusciti del regista americano. Una delizia per gli occhi (ci sono immagini che mi hanno esaltato, Anderson ha girato con un gusto estetico impagabile che ci regala momenti visivi irresistibili) e una delizia altrettanto godibile per le nostre orecchie, grazie ad un commento musicale da Oscar, elegante, colto e raffinatissimo, curato da quel genio contemporaneo della "musica da film" che è il Maestro Alexandre Desplat. A parte la storia, deliziosa anche quella e che fra poco racconterò, ciò che più suggestiona lo spettatore sono le soluzioni visive, ricchissime di elementi sorprendenti. E' difficile da spiegare. Diciamo che certe immagini e situazioni vengono proposte in modo da essere fruite in un'ottica tra il vintage e il fiabesco. Insomma, il risultato finale è un effetto quasi straniante, o stralunato, che conquista lo spettatore, il quale sicuramente non è abituato a tanta ricercatezza visiva. Ed è proprio questa una delle cifre primarie dello stile di Wes Anderson, ciò che ne fa un regista mai banale. I detrattori, dal verso opposto, lo accusano di "leziosità": ovviamente dissento totalmente e, anzi, apprezzo senza riserve il gusto, tutto speciale, del cineasta texano. Insieme ai due colleghi sopra citati, io credo che Anderson appartenga a quella razza di registi che se ne fregano del gusto di massa, hanno una loro cifra espressiva personalissima, e la coltivano con caparbietà e coerenza, coniugando nel nostro caso estetica pop e suggestioni vintage. La storia in sè è semplice da raccontare e il sottotitolo italiano la sintetizza con efficacia: "Una fuga d'amore", con la doverosa aggiunta che si tratta di una fuga romantica organizzata da una coppia di dodicenni alle prese coi primi approcci sentimentali. In realtà, partendo da questo semplice impianto, molteplici sono gli elementi che richiedono complicità e abbandono allo spettatore, per questa vicenda ambientata su un'isola del New England durante l'anno 1965, che si propone coi connotati della favola, raccontata con toni stralunati e grotteschi, a cavallo tra umorismo naif e atmosfere da tragedia incombente. Quest'ultima percezione è riferita ad un uragano annunciato, che infatti arriva nella fase finale del film, scatenando il precipitare degli eventi. Due gli ambienti che fanno da sfondo e da punto di partenza a tutta la vicenda. Una famiglia borghese guidata da una coppia d'avvocati con tre figli piccoli e una adolescente, e poi l'accampamento scout denominato "Campo Ivanhoe" composto tutto da ragazzini tranne il caposcout Edward Norton imbranato e decisamente ridicolo. Da questi due mondi, diversi ma accomunati dalla stessa sottomissione a convenzioni e regole formali, provengono le due personalità libere, inquiete, curiose e fantasiose di Sam e Suzi. Il piccolo scout e la giovane borghese si conoscono per caso ad una recita scolastica e subito i loro cuori fatalmente si attraggono, fino a preparare nei dettagli una complicata fuga su un'isoletta deserta . Appena i due scompaiono scoppia il panico e sia la famiglia di Suzi che il campo scout di Sam sono presto in subbuglio. E da lì in poi accade di tutto, compresa la tempesta finale cui prima accennavo. La vivacità del racconto non accusa mai cedimenti, grazie ad una sceneggiatura geniale e molto scorrevole. Ma soprattutto va sottolineato, a parte la felicissima scelta dei due giovani protagonisti, lo strepitoso talento di Anderson nella messa in scena, peraltro supportato dalla fotografia di Robert Yeoman e dalle scenografie di Adam Stockausen, entrambi impegnati a riprodurre immagini indimenticabili. In particolare ci tengo ad evocare la sequenza forse più bella, quella in cui i due ragazzini ballano sulla spiaggia, avvinghiati teneramente, in preda ad una dolce confusione in cui fanno capolino piccole tempeste ormonali e la scoperta delle prime timide effusioni. Intorno ai due adolescenti si muove ottuso e frenetico un mondo di adulti, ciascuno a suo modo limitato e un pò egoista, tra sussulti di ipocrisia e perbenismo. E questi adulti non sono nomi da poco (mi riferisco agli interpreti), tanto che possiamo parlare di cast stellare, per quanto va detto che le star presenti appaiono tutte in ruoli contenuti (alcuni dei semplici cammei), affinchè la loro presenza sia funzionale alle performance dei due ragazzini a cui Anderson non intende in alcun modo sottrarre spazio (si chiamano Jared Gilman e Kara Hayward, entrambi straordinari). E così vediamo sfilare Bruce Willis, Edward Norton, Bill Murray, Frances Mc Dormand, Tilda Swinton, Harvey Keitel (un cast da paura, che vi dicevo?). Nessuno che deborda o gigioneggia, tutti tesi a dare il meglio di sè ma con asciutto rigore, evidentemente diretti con mano felice. E lasciatemi esprimere, in conclusione, il mio incondizionato entusiasmo per il magico Maestro Alexandre Desplat, qui forse alle prese col suo commento sonoro più impegnativo di sempre: la sua supervisione delle musiche è di livello eccelso. In definitiva: capolavoro? Sì, capolavoro.
Voto: 10
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