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Confessioni di un figlio del secolo

Regia di Sylvie Verheyde vedi scheda film

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La recensione su Confessioni di un figlio del secolo

di alan smithee
6 stelle

Francia ad inizi del 1800: in piena conquista napoleonica, seguiamo le vicende tutt'altro che belliche di un corrucciato e problematico giovane nullafacente, datosi al libertinaggio (con annesso senso di colpa irremovibile) dopo il tradimento scoperto in flagranza da parte della sua amata e promessa. Sara' l'incontro quasi casuale con una vedova ancora giovane (ma piu' anziana del protagonista) a destare il ragazzo dal torpore di una deriva dei sentimenti che lo condusse per un un periodo di letto in letto, di festa in festa, facendogli restare nel cuore il vuoto di un mondo che coglie cio' che gli si presenta senza seminare nulla per il futuro.
Sylvie Verheide e' la regista di Stella, sorpresa francese del 2008 che conquisto' gli spettatori (una piccola manciata purtroppo, almeno nel nostro paese) pian piano, con una verve ed un brio narrativo che crescevano timidamente ma con effetti molto positivi sullo stato d'animo ed emotivo del pubblico.
Qui l'incanto non c'e', ma a dire il vero forse non vuole proprio esserci. Forse la regista vuole mostrarci come una crisi sentimentale puo' maturare e sfociare in un esaurimento con crisi di panico indipendentemente dall'epoca storica in cui i fatti vengono a crearsi. L'amore e la stabilita' di coppia creano assuefazione e i presupposti per una vita piena e costruttiva, basata su certezze e reciproca fiducia. I due protagonisti invece hanno perso, ognuno in modi diversi, i propri amati e scoprono, non contemporaneamente e con gradazioni di intensita' differenti, che tra di loro, sulla sorte di una eventuale frequentazione e rapporto, e' racchiusa la chiave per il raggiungimento della serenita' d'animo che in fondo molta parte della specie umana cerca con affanno e soffre se non riesce ad assicurarsi.
E certo, se la tentazione dello spettatore in sala e' molto spesso quella di urlare ad almeno 3/4 dei personaggi del film "andate a lavorare i campi, che vi passano tutti questi crucci!!", bisogna dare atto che il film medio ma non banale, si avvale di due interpreti perfetti nei rispettivi ruoli intensi e combattuti degli amanti traviati dagli eventi incontrollabili della vita.
Pete Doherty, cantante con volto e corpo da putto triste (a cui e' affidata la canzone di chiusura del film, gradevole) e' perfetto nel ruolo del libertino Octave, afflitto dalle ansie di una vita irrisolta tra festini ed orge che gli lasciano il vuoto piu' totale, dopo l'effimero piacere dei sensi; a costui fa da contraltare "la piu' bella (e brava) bruttina" del cinema d'autore a livello ormai mondiale: la straordinaria Charlotte Gainsbourg, una delle poche star riuscita ormai pressoche' totalmente a cancellarsi di dosso la fama di figlia d'arte (e di che razza di genitori per di piu'!), per farsi apprezzare solo per quello che vale e per gli eccezionali ruoli che la impegnano e rendono contesa ovunque nel mondo tra i piu' grandi autori del cinema contemporaneo.

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