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Marley

Regia di Kevin McDonald vedi scheda film

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La recensione su Marley

di supadany
7 stelle

Vita, terra (che poi è anche il mondo stesso) e pensieri di una delle figure ascritte a vero e proprio mito universale, senza rinunciare ai coni d’ombra, messa insieme da un regista come Kevin McDonald che di documentari se ne intende e che riesce a mantenere sempre la barra dritta, nonostante il materiale sia tanto e forse due ore e venti non bastano per dare il dovuto spazio ai tanti momenti che hanno caratterizzato la vita dell’artista/uomo.

 

 

Si parte delle origini, dalla sua terra, la Giamaica, la povertà, la sua diversità dovuta al fatto di essere metà nero e metà bianco, gli esordi da solista non baciati dalla fortuna nonostante il talento fosse già visibile.

Arriva poi l’indipendenza della Giamaica, la formazione di un gruppo musicale, la genesi di un sound tutto nuovo ed innovativo, nato quasi per caso, ma pronto per contagiare il mondo.

Su tutto, la spiritualità come valore portante, comunque intrapresa secondo le più personali delle modalità, un andata e poi ritorno dagli Stati Uniti, con il successivo conseguimento della propria indipendenza non più solo umana, ma anche artistica laddove, la sua terra nativa, i musicisti di quattrini ne vedevano gran pochi a dispetto dei produttori musicali.

E poi parte il grande volo, tra il primo concerto a Londra, un tour americano in piccoli locali, un tour promozionale che vede i “The Wealers” (questo il nome del suo gruppo) perdere i pezzi di fronte alle scelte che la vita pone dinnanzi, con lo spirito competitivo di Bob (nella musica, nella famiglia, nello sport) ad emergere.

Tutto il resto a seguire, tra le sue molte conquiste sentimentali (si sentiva quanto mai lontano dalla cultura occidentale), il sangue che pervade la vita politica e sociale del suo popolo (emozionante il frammento  con la stretta di mano tra i due leader con in mezzo Bob Marley durante un concerto ritenuto a rischio violenza), il rapporto con i figli labile e quasi assente, l’apice artistico (“Exodus”) ed un tour soppresso per un (grave) problema all’alluce, ancora successi, viaggi in Africa per portare ai neri la “sua” musica, fino al malore ed un breve periodo che lo portò alla morte, non senza smettere di lottare e di crederci fino alla fine (nonostante le immagini dell’ultimo periodo lascino il segno nella mente), sognando un mondo nel quale tutti gli uomini, bianchi, neri e cinesi (come disse lui) potessero essere realmente fratelli.

Un documentario con tantissimi frammenti di repertorio integrati con interviste ad hoc, uno sguardo sincero ed ampio che purtroppo deve schippare veloce troppo spesso, ma che non si dimentica di gettare un’ombra anche sugli aspetti meno nobili (il rapporto con i figli ad esempio) che comunque non intaccano una figura mitica, pronta ad aiutare il prossimo e a mettersi in prima fila quando ne valeva davvero la pena (e già nel documentario i casi riportati sono molteplici).

Ne viene fuori un ritratto di uomo schivo, umile, con le sue particolarità, una fusione totale tra marcate contrapposizioni (come ricchezza e povertà), per una figura capace di andare ben oltre il campo musicale.

Un documento necessario per chi ritiene Bob Marley un mito, ma anche utile (o semplicemente interessante, scegliete voi) per chi, come il sottoscritto, non è mai andato oltre la conoscenza dei suoi pezzi più noti (che poi davvero chiunque non può non aver ascoltato anche solo senza saperlo).

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