Regia di Kevin McDonald vedi scheda film
La vita e il mito di Bob Marley, il più noto musicista della storia del reggae, rivive in questo documentario decisamente filologico di Kevin MacDonald, che già aveva dato buone prova delle sue capacità di ricostruzione biografica raccontando sia la vicenda della scalata andina sulle vette peruviane (La morte sospesa) che la parabola del feroce dittatore ugandese Amin Dada (L'ultimo re di Scozia).
Con rigore cronologico e senza grande inventiva, allo spettatore vengono qui snocciolate una dopo l'altra le tappe della vita di Robert Nesta Marley, giamaicano nato nel 1945 da una madre nera e un padre bianco del quale si persero immediatamente le tracce. La povertà, i primi lavori faticosi e l'amore per la musica ne segnarono l'infanzia e l'adolescenza, fino a quando, con Simmer down, non arrivò il primo successo discografico, nel 1964. Gran parte del resto del racconto trascorre dando forma ad aneddoti ben noti a chi conosce l'abbecedario marleyano: il rastafarianesimo - un miscuglio di nazionalismo, cristianesimo e rivendicazione dell'affrancamento dei neri della schiavitù e di ritorno nell'Africa -, il fumo di erba, i dreadlocks (la chioma tipicamente rasta), l'amicizia carica di rivalità con Peter Tosh, l'innumerevole numero di donne (dalle quali ebbe ben 11 figli), la passione smodata per il calcio giocato e la disciplina del corpo, l'impatto sulla vita politica nazionale (ma lui si guardò bene dal prendere una posizione), che fu anche causa dell'attentato che subì, fino al trasferimento a Londra e gli stadi pieni. Poi arrivò la morte, precocissima, a soli 36 anni, conseguenza di un melanoma che ne distrusse il corpo.
In sé, il documentario resta per intero nel recinto del compitino svolto col minimo impegno sindacale: tante testimonianze (i suoi ex Wailers, i figli, le mogli, tra le quali una che fu eletta miss mondo), una manciata di riprese di repertorio, moltissime foto di incantevole bellezza e ovviamente tanta musica. Ma, nel complesso, si tratta di un'operazione senza sforzi, che non riuscirà ad attrarre quella fetta di pubblico non interessata al personaggio che, con Usain Bolt, è stato l'uomo più famoso di Giamaica di tutti i tempi. Ma la ricostruzione del mito relativo alla nascita del reggae e dei suoi riff chitarristici, da sola, vale la visione. Ne avrete una sorpresa! Dopo Marley, la musica non sarebbe stata più la stessa.
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