Regia di Kevin McDonald vedi scheda film
Non mi piace il reggae, non condivido molto il rastafarianesimo, non ho il mito della Giamaica. Le premesse sono necessarie per far capire quanto il mio interesse nei confronti di Marley fosse minimo. Il problema è che sono circondato da persone che propugnano in continuazione questi modelli (come diceva il buon Nanni sulla vespa in giro per Roma, “anche in una società più decente di questa, mi ritroverò sempre con una minoranza di persone”) e devo provare a capire cose che non riesco a capire. Che non è questione di farsi la canna in compagnia o cantare Could You Be Love in macchina, è una roba più complessa.
Perché la visione di questo documentario dedicato ad una delle più importanti icone del ventesimo secolo impone più di una riflessione: sul pensiero di Bob Marley, sulla fruizione delle opere di Bob Marley e sul travisamento del pensiero e delle opere di Bob Marley. Un personaggio banalizzato e santificato, mitizzato e manipolato, la cui musica potente e nuova resterà per sempre nonostante frotte di presunti ammiratori che lo sfruttano come sottofondo musicale più per moda che per qualche ragione particolare. Kevin Macdonald, che non è l’ultimo arrivato, sa fare il proprio mestiere di documentarista e sa essere molto abile. Il risultato finale è un documento interessante che parte dalle origini (una spettacolare panoramica iniziale che introduce il primo capitolo sull’infanzia miserrima) e procede classicamente con i primi passi, l’ascesa, il successo, l’importanza politica, la malattia, la morte.
Le testimonianze sono di amici, parenti e collaboratori: tutto molto prevedibilmente intrigante ma senza reali guizzi di regia e un sospetto di agiografia più che fondato. Sinceramente emozionanti la canzone dedicata alla scoperta dell’ingrato padre e le relative interviste ai fratellastri e le ultimi immagini in vita. Ma sinceramente discutibile la testimonianza della moglie, fieramente cornuta in pubblico e non esattamente furente per le decine di figli generati dal divo fuori dal matrimonio. Sarà anche conforme alla religione (il rastafarianesimo ha idee molto discutibili sul sesso e sull’amore), ma qualche dubbio sorge, perché le corna (peraltro reiterate) sono corna ovunque.
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