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La maleta

Regia di Raoul Ruiz vedi scheda film

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La recensione su La maleta

di OGM
8 stelle

In questo suo cortometraggio d’esordio, Raul Ruiz gioca con la frustrante difficoltà dell’esistenza, che è fatta di fatica, nonsenso e ciclicità. L’assurdo della vita è una fantasia perversa, confinante con la crudeltà: quella impersonata  dal protagonista della storia, che tiene un uomo prigioniero dentro un baule. Il sadismo imita, in un certo senso, il modo in cui il destino si fa beffe di noi, riservandoci, a suo piacimento, il ruolo di vittima o carnefice. Quella ritratta in questo film è un’umanità errante, il cui viaggio inizia e finisce in una camera d’albergo, dopo aver attraversato la città. Questa, con il suo dedalo di strade, è il luogo in cui l’individuo si perde, e vede magari la sua sorte  inspiegabilmente rovesciarsi. Nelle mani del destino non siamo nient’altro che animali ansimanti e   confusi (come ci ricorda la singolare colonna sonora, a base di dissonanze e versi disarticolati), che si affannano senza alcun ragionevole motivo. L’assenza di trama, il minimalismo della messa in scena ed i movimenti mimici richiamano lo stile del teatro d’avanguardia, che Ruiz aveva assiduamente frequentato durante l’adolescenza, scrivendo un centinaio di drammi, uno dei quali ha fornito il soggetto per questo film.  Con il passaggio al registro del cinema, lo sperimentalismo si arricchisce però, già in questa prima opera, di una visione dinamica, che evolve insieme alla storia, creando tensione e mistero e scoprendo la verità poco a poco. In questo film, il ruolo determinante non spetta all’attore che compie l’azione, bensì allo spettatore che la percorre con lo sguardo, la interroga con la mente, la interpreta mediante la propria capacità di immedesimazione. Il commento della voce fuori campo, a base di borbottii, sospiri e mormorii, è un invito a partecipare alle emozioni dei personaggi, che sono tutt’uno con i vari eventi della storia, identificabili con le laboriose fasi di un processo, si direbbe quasi di un cimento sportivo (fare forza per chiudere un baule strapieno, scendere le scale con un grosso peso sulle spalle, correre a perdifiato dietro a un fuggitivo). Il surrealismo perde così la sua tipica connotazione simbolica ed intellettuale, per esprimersi totalmente sul piano della fisicità, nei suoi risvolti meccanici, muscolari, fisiologici, e quindi meno artistici. Con La maleta, Ruiz traccia una prima bozza del suo progetto cinematografico, che si può forse riassumere con un paradosso:  il suo obiettivo è comporre un quadro astratto della concretezza, organizzando gli elementi della realtà secondo la forza centrifuga che punta verso il vuoto spinto di uno spazio in cui non vive nessun Dio, né esistono ideali.

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