Regia di Julien Duvivier vedi scheda film
L'ho visto subito dopo l'Anna Karenina di Joe Wright, dato che ne possedevo da tempo la registrazione in DIVX, e mi sembra che il paragone sia sfavorevole per il film di Duvivier. Una produzione britannica di Alexander Korda girata con larghi mezzi, con una fotografia in bianco e nero di Henry Alekan di grande suggestione (sembra che ci fosse un ampio ricorso al "deep focus", anche se non saprei dirlo in base alla copia da me visionata), scenografie imponenti e costumi sontuosi: eppure a deludere è soprattutto la sceneggiatura, che pur restando fedele alla traccia del romanzo di Tolstoj, riduce il materiale narrativo a una sorta di romanzo d'appendice ottocentesco, privo della complessità etica e spirituale tipica dello scrittore russo. Anche il regista Duvivier, pur garantendo una corretta resa visiva, non sembra in grado di offrire una chiave personale come farà in seguito Joe Wright, e la direzione degli attori è carente: Vivien Leigh è bella da guardare come sempre, ma priva dell'intensità e del carisma che aveva sfoggiato ad esempio Greta Garbo, non riesce a dare l'acqua della vita al personaggio; nel ruolo del conte Vronsky tale Kieron Moore, anche lui affascinante nell'aspetto ma poco incisivo come attore, e nella parte del marito tradito Ralph Richardson, forse il migliore del terzetto dei protagonisti, ma comunque non esente da certi manierismi che mi portano a preferire la recente interpretazione di Jude Law nello stesso ruolo. Interessante l'uso di una sorta di monologo interiore da parte della Leigh nelle scene che precedono il suicidio di Anna, ma molte altre sequenze appartengono ad un repertorio convenzionale, compresa la fuga a Venezia dei due amanti, dove appare in un breve cameo anche il nostro Gino Cervi.
voto 6/10
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