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Kauwboy

Regia di Boudewijn Koole vedi scheda film

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La recensione su Kauwboy

di OGM
8 stelle

Jojo ed il suo corvo. L'idea non è nuova: l'amicizia tra bambini ed animali è un classico tema delle favole disneyane, in cui l'armonia tra le diverse specie è quasi sempre un dono difficile da conquistare e da conservare. Anche in questa storia quel rapporto così speciale ha un nemico; è il padre del ragazzino, un uomo severo e a tratti violento, che ostenta razionalità e freddezza, mente in realtà è una persona fragile, visibilmente sofferente per l'assenza della moglie. Suo figlio, che continua ad aspettare ansioso il ritorno della madre, un giorno trova l'occasione per riempire quel vuoto con una compagnia insolita: un uccellino nero caduto dal nido, che porterà a casa e che, di nascosto, proteggerà, nutrirà e aiuterà a crescere. Questo racconto è davvero toccante, perché la tenerezza è tutta autentica, priva di ogni falsificazione caricaturale da spettacolo di pupazzi animati,  e racchiusa in un tenue involucro di trepidazione per quelle due creature chiamate ad affrontare  da sole i pericoli di un mondo dominato dal cinismo. Gli adulti, a Jojo, chiedono disciplina ed efficienza: ai rimproveri del padre si sommano quelli dell'allenatore della squadra di pallanuoto. Entrambi vogliono da lui obbedienza, abilità, successo. Non c'è spazio per la fantasia e gli errori che fanno parte dell'avventura di scoprire la vita, in tutti i suoi aspetti, pratici, filosofici, sentimentali. Per imparare occorre anzitutto un appiglio per l'immaginazione; basta anche un minuscolo dettaglio, come le grandi bolle azzurre che Yenthe ama fare con il chewing-gum. è una nota di colore un po' fredda, ma comunque tale da interrompere il grigiore di una vita in cui le cose sembrano potersi classificare solo come giuste o sbagliate. A questa distinzione sterile ed insipida – ed in parte perfino crudele – Jojo cerca di aggiungere quella tra bello e brutto, tra ciò che fa sognare e ciò che è solo motivo di rabbia e pianto. Per ottenere un po' di gioia, bisogna superare la realtà, con la bugia e la trasgressione, che difendono il cuore dal duro impatto con la perdita, la delusione, l'irrealizzabilità dei desideri. Jojo si costruisce la sua fiaba su misura, con i personaggi e gli strumenti scenici che ha a portata di mano: un attore dotato di becco e di piume, una scenografia fatta con una scatola di cartone, una colonna sonora proveniente dal lettore di CD, in cui girano i dischi della musica country interpretata dalla madre cantautrice. Così, dal nulla, nasce uno spazio magico e segreto, che deve restare invisibile agli altri per continuare ad esistere, e poter diventare un universo in cui riversare fede e speranza. Il gioco di  Jojo è un rito quotidiano con cui si sottrae al giudizio dei grandi, mentre insegue la sua personale illusione: una nicchia soffice, scavata nella dura sostanza dell'ambiente circostante, ma che, a sua volta, implica la necessità di lottare, per resistere agli attacchi di una logica avversa, che vorrebbe smontare tutto ciò che risulta inverosimile. Jojo ha bisogno di credere che la mamma presto rientrerà dalla sua tournée americana;  tornerà magari proprio il giorno del suo compleanno, per mangiare la torta che lui stesso le avrà preparato, e per festeggiare in una casa decorata con le bandierine a stelle e strisce.  Il suo regalo sarà il piccolo Kauw, che nel frattempo avrà imparato a volare, e da quel momento potrà abitare per sempre con loro. Questa è una visione di vita che accende un lampo nel buio; è il miracoloso fiat lux che si rinnova in una mente innocente. La rievocazione dell'immagine tratta dalla Genesi è la metafora che apre e chiude il film: un fiammifero, in un attimo, illumina l'oscurità. E subito dopo si spegne. O forse no, a seconda dei casi. Riuscire a gestire quella breve parentesi tra ciò che inizia e ciò che finisce è la sfida che Jojo cerca di affrontare a modo suo: seguire la propria strada "improbabile", a dispetto dell'evidenza e delle contrarietà, è l'essenza della sua poesia ingenuamente ribelle: una poesia che non sopporta di essere contraddetta, dalle parole o dai fatti, perché ha paura che, altrimenti, dovrà morire. Kauwboy è una storia non facile, né scontata, che, nel suo travagliato percorso, descrive la fatica di fa attecchire, nel pietroso terreno della quotidianità, il delicato germoglio del fantastico. La scintilla continua a scoccare, ma qualcosa le impedisce di far presa: ed è proprio così che, nell'anima, si accumulano i ricordi di ciò che, a furia di scapparci dalle mani, ha finito per lasciare in noi una traccia duratura.

 

Questo film rappresenterà l'Olanda agli Oscar 2013.

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