Regia di Frank Capra vedi scheda film
Lo scrittore, saggista e politico inglese Robert Conway ha l'incarico di evacuare i cittadini britannici intrappolati in una Cina sempre più spesso coinvolta in disordini e guerriglie. Dopo aver compiuto il proprio dovere Conway si imbarca nell'ultimo aereo disponibile ma ben presto si accorge che il veivolo sta percorrendo la rotta sbagliata.
Inizia così "Orizzonte perduto" di Frank Capra, film uscito nel 1937 e tratto dal romanzo fantasy dello scrittore britannico James Hilton. Il protagonista e quanti si sono imbarcati con lui si trovano, loro malgrado, ospiti di un villaggio sperduto e misterioso circondato dalle altissime catene montuose dell'Himalaya che lo cingono in un abbraccio protettivo. La destinazione del rocambolesco viaggio di Conway si chiama Shangri-La, un po' paradiso e un po' prigione...
Shangri-La... Non appena sento questo nome dalle sonorità esotiche vengo rapito dal più classico senso di "déjà entendu". Non ricordo dove e nemmeno quando ho sentito questo nome per la prima volta ma proseguo nella visione del film. Ammetto che la pellicola di Capra non mi entusiasma. L'inizio è affascinante. Il rapimento è coinvolgente e sembra collegarsi alle questioni politiche davvero scottanti che infervorano l'Asia e l'Europa degli anni '30. Dalla guerra in Manciuria all'ascesa del nazifascismo nel Vecchio Continente a cui solo l'Inghilterra sembra poter porre rimedio. Ma le attese sono ben presto rovinate. Non siamo di fronte ad un film di spionaggio e nemmeno la geopolitica è il motore che muove la vicenda. La filosofia si fa largo tra principi religiosi e di equità sociale. Ma nel tutto, ciò che occupa lo spazio maggiore è il mito dell'immortalità a cui l'umanità è legata da secoli di profonda attrazione.
Il film fila via, i personaggi si scontrano ed infine si incontrano ma rimango debolmente attratto dal racconto come una falena sul fare del mattino che non trova luce in una lampadina che produce un scintillio ormai flebile. Non mi piace la filosofia di Shangri-La. È quella di molti ordini monastici che blindano se stessi dietro ad un muro di chiusura al mondo esterno, quello mediocre e imperfetto, scosso da conflitti e povertà che tutti conosciamo. Il lama propone a Conway l'isolamento del villaggio, la vita rurale, i libri prodotti dal sapere dell'uomo, l'arte sopraffina rappresentata da oggetti "rubati" a quello stesso mondo che si vuole tenere a distanza. Rifiuto e attrazioni si mescolano facendo a pugni. E Conway alla fine accetta l'utopia provocando un profondo rammarico. Non comprendo. Si può gettare alle ortiche un'intelligenza non comune, un umorismo sopraffino, la capacità inusuale di prendere decisioni appropriate, per vivere in un mondo che di tutto ciò non ha bisogno? Forse c'è un senso dell'umorismo o una presa di posizione contraria a quella palesata da un finale mediocre... Forse... Non mi piace la filosofia del lama/frate, spicciola ed elitaria. Probabilmente aliena a qualsiasi forma di spiritualità autentica, comprese quelle orientali chiamate in causa dalla location himalayana. Non mi piace il distacco di chi si sente superiore al resto del mondo e non mette nulla di sé per rendere questo luogo migliore...
Scartabello un po' nelle mie infinite liste. Il film l'ho visto. A quanto pare anche dimenticato. File cancellato. Continuo a credere che le persone di talento debbano mettere a disposizione dell'umanità i propri doni. Capra l'ha fatto in molte altre occasioni parlando della società e delle sue inevitabili storture. Non qui. Qui, contrariamente ai sentieri innevati ed impervi che isolano il villaggio supremo, Capra prende la scorciatoia di un finto dibattito. Tutto è già scritto. Tutto è già detto. Shangri-La è la soluzione dei mali del mondo. Che va benissimo se la ricetta si applica al mondo intero e non solo ad una parte infinitesimale di esso.
"Orizzonte perduto" ricevette Oscar e nomination alla sua uscita. Fece la sua figura ma l'immortalità della cinematografia di Capra deriva da ben altre pellicole.
Lo splendido restauro che ha richiesto l'immane sforzo di recupero delle varie versioni (più o meno lunghe) uscite negli anni successivi al '37, quello proposto, per intenderci, nella versione di RaiPlay avvicina il più possibile questo film all'immortalità artistica che l' autore si è guadagnato descrivendo la società americana del suo tempo. Certamente da vedere e necessario per dibattere questioni morali tutt'altro che sopite. (V.O.S.)
RaiPlay
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