Regia di Drew Goddard vedi scheda film
È ufficiale: l’horror ha smesso di fare paura. L’inquietudine e il perturbante sono stati sostituiti da un gioco autoreferenziale nel quale il riconoscere i codici è il piacere unico di una struttura narrativa videoludica dove il rituale effetto splatter funziona come il premio tributato al vincitore di turno (ossia lo spettatore, che partecipa e gode del gioco stesso). Quella casa nel bosco dichiara subito la sua natura metalinguistica, ma ciò non lo rende appassionante. Puro film di scrittura, vanta la trovata di ipotizzare l’orizzonte finito dei mitologemi horror come una delle possibilità combinatorie di un qualsiasi reality post Grande Fratello. Il tutto in una chiave post Lovecraft. Non riveliamo altro, però, per non “spoilerare”. Un esercizio di notevole astuzia formale, quello di Drew Goddard che vanta Lost e Cloverfield tra i suoi crediti ma che in questo caso gira purtroppo a vuoto con un evidente compiacimento. Perfetto esempio di narcisismo citazionista, Quella casa nel bosco è un contenitore di altri film e situazioni. Ci si arrende quindi alle prevedibili possibilità combinatorie, si attende il massacro che giunge puntuale. Coloro che ancora considerano l’horror come il più sovversivo dei generi, resteranno tiepidi di fronte a questo piccolo esercizio normativo che da alcune parti è stato incautamente salutato come una rinascita del genere laddove, invece, ne rappresenta l’inquietante rigor mortis.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta