Regia di Sam Mendes vedi scheda film
Parte alla grande il 23esimo episodio della cinquantennale saga bondiana: una incessante, elaborata e lunghissima sequenza d'apertura in cui, addirittura, all'apparenza l'agente con licenza di uccidere muore colpito dal fuoco amico. Poi, partono i bellissimi titoli di testa sulle note del brano che dà il titolo al film, cantato da Adele.
Sam Mendes si mostra a suo agio con l'intreccio tipico da Spy Story, dirigendo con eleganza le scene puramente action, supportato dalla strepitosa fotografia, con ampio uso di toni grigio-bluastri, del grande Roger Deakins, ancora colpevolmente ignorato dall'Academy, che l'ha nominato per la decima volta ma, quasi beffardamente, ha preferito il lavoro di altri (per inciso, Claudio Miranda per 'Vita di Pi') e (ci) regala la splendida scena dell'irruzione nella vicenda del cattivo a tutto tondo interpretato da Javier Bardem, inquadrato in campo lungo che, pian piano si avvicina mostrando, alla fine, quasi in primo piano, il suo ghigno beffardo.
Sono queste, insieme alla consueta (ma ultima) raffinata prova di Judi Dench nei panni di M, le componenti più convincenti dell'ultimo capitolo di 007, mentre, al contrario, dato per scontato l'intreccio che si rileva, come spesso, poco più di un pretesto, ho trovato le parentesi, seppur ridotte all'osso, sentimentali con la bella di turno (Berenice Marlohe) come sempre troppo patinate e scontate ed il discorso sul ruolo della Gran Bretagna in qualità di potenza in declino un pò risaputa.
Venendo infine a Daniel Craig, bisogna dire che possiede senz'altro la presenza fisica che si confà alla parte puramente di azione, ma manca di un certo carisma che necessiterebbe per una definizione più completa e sfacettata del ruolo.
Di puro contorno due mostri sacri come Albert Finney e Ralph Fiennes.
Voto: 7/8.
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