Regia di Sam Mendes vedi scheda film
Mendes confeziona un Bond visivamente bello come non ne ho visti altri ed elegantissimo nella messinscena, dando spazio a dramma e thriller, ma senza rinunciare all'azione. Il suo talento drammatico lo porta ad addentrarsi nell'introspezione e nella riflessione, facendo di M. una coprotagonista per indagare conflitti e scontri tra caratteri.
Sam Mendes, chiamato alla regia per il cinquantesimo anniversario della saga, innova la formula Bond con un film che si differenzia dai precedenti e che rispetto all'azione pura, che comunque non manca, lascia più spazio al thriller propriamente detto e anche alla recitazione. Si fa finalmente ampio uso della bravura di Judi Dench nel ruolo del capo dell'MI6 M., che da apparizione tradizionalmente limitata, dopo aver già accresciuto il suo ruolo in Quantum of Solace diventa qui una co-protagonista a tutti gli effetti, togliendo spazio alle giovani Bond Girl.
Il film si addentra ad approfondire come nessun altro della saga il rapporto conflittuale ma al contempo di grande stima e fiducia reciproca di M. con Bond, un legame umano e professionale messo a dura prova quando la direttrice dà un ordine che mette a rischio la vita di 007 per completare una missione con successo. Anche la politica mette in discussione il suo ruolo a capo del MI6, con il rampante presidente del Intelligence and Security Committee Mallory (Ralph Fiennes) che le impone le dimissioni, mentre un misterioso complotto attenta alla sua vita facendo addirittura saltare in aria gli uffici nella sede dei Servizi Segreti sul Tamigi.
Questo è un Bond meno giramondo del solito, perché, dopo l'incipit a Istanbul e una sezione cinese, in tutta la seconda metà del film si resta nel Regno Unito, visto che minaccia arriva in patria anzi addirittura in casa, passando da Londra ad un ritorno alle origini di James Bond nella magione di famiglia in Scozia (omaggio a Sean Connery) dove il futuro agente segreto è cresciuto e rimasto orfano. L'isolata tenuta si chiama proprio Skyfall è custodita da un anziano guardiacaccia: Albert Finney al suo ultimo ruolo prima di ritirarsi dalle scene (si era anche pensato di chiamare Connery per questo ruolo, ma poi saggiamente si è riflettuto che il James Bond per antonomasia non poteva interpretare un altro personaggio nella saga).
Un altro ritiro è quello della grande signora Judi Dench che lascia dopo sette pellicole il ruolo di M. che ha nobilitato come nessun altro attore in precedenza e si congeda con un degno commiato, dato che come mai prima il personaggio è posto al centro dell'intreccio e dell'azione: la vediamo difendersi come una leonessa citando Tennyson di fronte al comitato ministeriale che mette sotto accusa la sua gestione e poi sporcarsi le mani con l'azione sul campo, affrontando i nemici che la inseguono e la assediano fino a Skyfall.
Altra scelta di casting azzeccata è Javier Bardem che ci regala, in equilibrio tra grottesco e ambiguità, un villain disturbato e psicopatico al punto giusto, un ex agente britannico di stanza a Hong Kong passato al lato oscuro dopo essere stato lasciato in pasto ai cinesi in uno scambio di prigionieri, non tanto animato da ambizioni di dominio mondiale quanto oberato di complessi nei confronti della figura materna M. che vede come una madre da cui si è sentito tradito e quindi ossessionato da propositi di vendetta. Un opposto speculare di 007, anch'egli sentitosi deluso e tradito dalle ciniche scelte della dirigente dei servizi, che nel test psicologico delle associazioni definisce “una stronza”.
Daniel Craig, roccioso ma umanamente sfaccettato, alla terza prova si conferma una scelta azzeccata per interpretare 007, a cui regala umanità, tragicità e persino vulnerabilità: ad un certo punto il suo Bond ferito nell'animo più che nel corpo è ormai incapace di ri-superare i test di ammissione all'MI6 e solo la fiducia della “stronza” M. gli permette di rientrare in gioco.
Mendes si misura con un genere diverso dalla sua filmografia da sempre più incentrata sul dramma, e con una saga difficile da innovare senza scontentare i puristi. Tuttavia la sua scommessa si può dichiarare vinta alla grande : intrattiene come richiesto da uno 007, ma allo stesso tempo non rinuncia al suo marchio di autore. Mendes confeziona un Bond visivamente bello come non ne ho visti altri ed elegantissimo nella fattura e messinscena, senza rinunciare all'azione che i fan pretendono e alle citazioni che li mandano in brodo di giuggiole (rispolverata la mitica Aston Martin d'antan). Il suo talento per il dramma lo porta ad addentrarsi nell'introspezione e nella riflessione, osando mettere in crisi i protagonisti e le istituzioni della saga, preferendo concedere spazio alla complessità dei rapporti interpersonali piuttosto che sentire il bisogno di affastellare troppe location esotiche una dopo l'altra. La sceneggiatura di Neal Purvis, Robert Wade e John Logan quindi, pur dovendo sorvolare sulle inverosimiglianze tipiche di ogni Bond (il nuovo Q., supposto genio dell'informatica, collega un computer di provenienza nemica alla rete del MI6?!?!), si dimostra ben scritta nell'indagare nell'interiorità e nei conflitti tra caratteri, inserendoli efficacemente in una trama thriller che regala i suoi bei cuori in gola. D'altra parte, il rocambolesco inseguimento via moto e sopra un treno nella sequenza che precede i titoli di testa sono saggi di fluidità di regia action con dosi potenti di adrenalina, prima di passare con una transizione di perfetta cucitura ai titoli di testa accompagnati dalla bellissima canzone di Adele, primo tema musicale bondiano a vincere l'Oscar (un'altra statuetta Skyfall l'ha vinta per il montaggio sonoro).
Smagliante contributo lo dà la fotografia del sempre grandissimo Roger Deakins, che giocando tra luci ed ombre regala a Craig un'iconica entra in scena al buio fino ad illuminarne con un taglio di luce il volto, si inventa uno scontro corpo a corpo immortalato in silhouette scure tra i riflessi delle fantasmagoriche luci di Shanghai ed immerge e circonfonde gran parte delle scene in una fulgente luce dorata, dall'illuminazione di lanterne galleggianti e dragoni scenografici all'ingresso di casino cinesi al fulgore delle fiamme degli incendi durante la notturna resa dei conti finale, creando effetti visivi di splendore evocativo ed elegante bellezza.
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