Regia di Marcel Camus vedi scheda film
Orfeo fa l’autista di tram, suona la chitarra ed è circondato da un nugolo di fidanzate; Euridice è una ragazza di campagna venuta a Rio de Janeiro dalla cugina durante il carnevale per sfuggire alle minacce di un uomo misterioso, che si ripresenta mascherato da Morte (e quindi non si vede mai in faccia). Maldestro, velleitario tentativo di rivisitare il mito classico ambientandolo tra i proletari delle favelas: ne viene fuori un’attualizzazione meccanica e confusa, che non appassiona. Ma la cosa veramente insopportabile è il contesto, un tripudio di folklore da quattro soldi: si riceve l’impressione che l’intera popolazione nera di Rio non abbia altro da fare che cantare, ballare e amoreggiare giorno e notte, incurante delle bisogne della vita quotidiana. Recitazione dilettantesca, che il doppiaggio fa sembrare ancora più goffa. Le commedie del nostro neorealismo rosa erano meno pretenziose e più aderenti alla realtà. Non si riesce a credere che nell’anno di grazia cinematografica 1959 questo film abbia potuto vincere la Palma d’oro a Cannes e l’Oscar come migliore film straniero.
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