Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film
Sembra di sentire il caffè nella moka, il sugo che bullica in pentola, tanto il Nuovo Cinema Vanzina è due camere e cucina. Dopo La vita è una cosa meravigliosa, altri mostri del malaffare affollano l’Italietta delle storielle di corna, truffe e raggiri. Ma lo sguardo è sempre compiacente, bonario. Signora mia, dove andremo a finire. Da qui si parte, queste sono le atmosfere di un racconto da piccolissimo schermo, polveroso, anche nello stile. Cronaca di una giornata qualsiasi, come per dire si vedeva in La domenica della buona gente di Anton Giulio Majano, 1953, che inizia sempre con la voce fuoricampo e il panorama del Tevere. E i caratteri sono sempre quelli del repertorio. De Sica si muove tra i tic e le moine del Conte Max, principe squattrinato cui è rimasto solo il titolo. Abatantuono è marito e padre di tre figli canaglia nelle terre di Puglia: non sembra crederci nemmeno lui, ma nei panni del venditore di domotica un sorriso lo strappa. Satira da Bagaglino: Banfi è l’onorevole corrotto a rischio galera. Gli serve un voto, così riesce a portare in aula il collega infartuato mentre era col trans. Maurizio Mattioli è ricco, ricchissimo ma praticamente in mutande quando il fisco gli mette gli occhi addosso. Un paio di sketch sono per Salemme: tra moglie e marito c’è sempre una escort. Conticini, invece, scopre che il tradimento della fidanzata porta bene alla Fiorentina in trasferta. Finalissimo in un quiz della Tv. Siamo un popolo di concorrenti, lo cantava già Arbore.
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