Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film
Dopo la fine della seconda guerra mondiale un marine erotomane va definitivamente fuori di testa e diventa facile preda di un guru furbacchione. A quanto pare, dopo i fasti di Boogie nights e Magnolia, Anderson ha deciso di imboccare la strada del manierismo senza vergogna. Questo film accentua i difetti che già davano fastidio in Il petroliere: il regista si comporta come chi ha qualcosa di importante da dire, ma si fa pregare per dirlo. Non parla apertamente di Scientology (non sia mai che si corra il rischio di pestare i piedi a qualcuno), però allude, ammicca, giochicchia e si aspetta che lo spettatore vada in visibilio davanti a tanta sottigliezza; evita il nocciolo del problema, perdendosi in dettagli inessenziali; non capisce che per rendere la ripetitività esasperante dei metodi del guru non c’è bisogno di essere ugualmente ripetitivi. Particolarmente esemplare, nella sua insensatezza, la scena del gioco “scegli un punto”: una moto che percorre il deserto senza meta, poi torna indietro e si ricomincia. In compenso gli interpreti sono adeguati: Phoenix l’aria tendenzialmente autistica ce l’aveva già da prima, e a Hoffman i ruoli da orsacchiotto mannaro sono sempre riusciti bene.
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