Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film
L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE BESTIA
"L'uomo non è un animale. Noi non facciamo parte del regno animale. Sediamo molto al di sopra della moltitudine, appollaiati come spiriti, non come bestie."
Bella intuizione quella di esplorare le possibilità di un credibile maestro spirituale, una personalità trascinante, non priva di contraddizioni ma anche ricca di intensità e "spessore metafisico", affiancandole poi una figura-reagente che stimoli, esalti e contraddica la sua filosofia.
Lancaster Dodd (P. S. Hoffman) è il maestro, the Master, scienziato, scrittore, filosofo, mistico di rango. Ha veramente poco a che fare con l'Hubbard fondatore di Scientology, delirante imbonitore opportunista con ascendente su menti fragili e hippies. Dodd è solido, ha carisma, è la guida affidabile e razionale di una famiglia estesa, di seguaci spontanei, uno studioso dell'evoluzione dell'uomo e della vita eterna dell'anima.
Dodd incontra per caso Freddie Quell (J. Phoenix) e percepisce un'istintiva affinità, nonostante questo sembri a tutti gli effetti il suo opposto. Freddie è tutto e nulla, marinaio, fotografo, veterano di guerra congedato dall'esercito per una "condizione nervosa", sessuomane, alcolizzato figlio di un alcolizzato e di una malata di mente, un "misfit"senza radici, privo di controllo sulla sua emotività, fuori tempo rispetto all'amore e agli appuntamenti della vita.
Secondo la filosofia di Dodd l'uomo si riavvicinerà alla perfezione riprendendo contatto con la sua anima immortale. L'uomo dev'essere spirito, non bestia. Ovviamente Freddie parrebbe bestia (Dodd glielo dice anche più volte) e Dodd se non è spirito è certo più in contatto con il suo spirito di chiunque altro, è conscio della sua parte eterna. Non per niente riconosce in Freddie l'amico di una vita passata e questo fa scattare in lui la scintilla, lo ispira a definire la sua disciplina. Dodd sta cercando di riavvicinare anima e corpo e questa sua ricerca riceve un impulso proprio quando lui (anima) e Freddie (bestia/corpo) si riavvicinano. È il flash back di un'amicizia che getta Dodd indietro nel tempo dando profondità alle sue intuizioni sulle vite passate, ma gli dà forse anche un sentore di "perfezione", un esempio della completezza dell'essere umano in cui anima e corpo si ricongiungono e dialogano.
Freddie sarà per Dodd la sua cavia e il suo "protegé". Freddie è un leone in gabbia che gira avanti e indietro tra due pareti e non riesce a trascendere la materialità del suo corpo e di quello che ha attorno, non riesce ad andare oltre i confini della sua unica, limitata vita. Per Freddie i confini sono sempre materiali e visibili e nel deserto, in sella alla moto, manca nel darsi mentalmente un limite e lascia che siano i sensi a scegliere per lui. Il fallimento dei tentativi di guarire (condizionare? Piegare?) Freddie determinerà il definitivo allontanarsi dei due (ormai sono così distanti che se si ritroveranno in un'altra vita saranno "nemici giurati'). "Slow boat to China" canta Dodd quando si dicono addio (la canzone come una memoria antica che emerge istintivamente dal passato). "Ti voglio portare in un lento viaggio in barca verso la Cina". È forse la dolorosa consapevolezza del viaggio lungo e solitario che attende la sua anima separata irrimediabilmente da un vecchissimo amico (o privata di una controparte bestiale forse essenziale).
Quello che però rende i due personaggi gravidi, sfaccettati e intensi, e che forse fa sì che si attraggano e respingano di continuo sono le loro contraddizioni. La divisione delle parti non può essere netta. In fondo Freddie e Dodd sono esseri umani e vivono l'ambivalenza di ogni uomo.
Freddie dovrebbe essere corpo (bestia) eppure è leggero, istintivo e spontaneo, volatile, libero, non condizionabile, non radicato, non costretto da legami, dalla logica, dalla responsabilità verso persone, cose o verso la propria anima immortale. Freddie è immemore, beve e ha bevuto per dimenticare (e a furia di bere benzina e diluente avrà cancellato per bene anche tutte le vite passate), vive solo il presente, caratteristica tipica dei buddha e delle anime, per cui è tutto un eterno presente. Allora Freddie è più anima o più corpo?
E Dodd dovrebbe essere spirito, ma in realtà è "solido" (anche corpulento), razionale, radicato tramite la famiglia e i "seguaci", la sua vita è più estesa e "pesante" perché sa delle sue vite passate e della sua parte immortale, perché per lui la vita non è più un semplice percorso che parte dal nulla e finisce nel nulla ("ha preso al lasso il drago "). Le rinascite," la Causa", le responsabilità, l'identità forte che gli è riconosciuta sono tutte strutture che gli danno volume e pesantezza. E ovviamente non è privo di istinti. Ad esempio gli piace l'incredibile intruglio di Freddie, perde la pazienza più di una volta e ha pulsioni sessuali tenute a bada in maniera pratica dalla moglie.
A quanto pare l'essere umano è un paradosso e un garbuglio troppo complicato per rispondere alle teorie e agli esercizi di perfezionamento di Dodd.
Il film sembra terminare su una nota di solitudine profondissima per Dodd e di allegra "socializzazione" per Freddie. Essere più corpo che anima ha comunque i suoi lati positivi.
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Bel pezzo, acuto e profondo, in pratica una gran sciabolata di pagina.
Non sono d'accordo nel rilevare ''credibili'' le reminiscenze di un passato ( o futuro ) comune tra i due, ma paradossalmente la trovo una questione secondaria, non solo in quanto irrisolta ( libera interpretazione di segnali e di ''verità'' declamatesi a vicenda dai due ) ma proprio perché superata da quella ''morale'' ( se mi si passa il termine ) finale che condensi bene nella tua frase finale ( che non voglio ''torcere'' troppo ) : "Essere più corpo che anima ha comunque i suoi lati positivi". Io la intendo proprio come una precisa presa di posizione di PTA, e la individuo ''lampantemente'' nel passaggio a stacco netto ( ma vado a memoria, ho dovuto rispulciare il mio pezzo ) tra le scene dell'informal processing Dodd-Quell e del similare approccio con la signora agée : non vi è più empatia in quel secondo ''esperimento'', e lo spettatore può rilevarne meglio le ''magagne''. Ma qui entra in azione l'occhio ( e l'orecchio ) cangiante ( blu, nero, lenti a contatto, derivati del petrolio raffinati e tracannati...) di chi guarda. Go Clear, ah! Un caro saluto.
Bello "sciabolata di pagina"... In realtà anche per me è abbastanza secondario che le reminiscenze siano vere. Ciò che contava era più che altro "metterle in campo" e affidarle a un personaggio che sembrasse crederci o sembrasse credibile e carismatico con argomenti di tal fatta. La grandezza di Dodd e il confronto tra lui e Freddie avevano bisogno di quella profondità temporale. La dignità esibita da Dodd però mi fa propendere perché lui ci creda, o forse preferisco pensarlo perché trovo più stimolante, di fronte all'attesa generale di un simil-Hubbard, ritrovarmi un mistico onesto e paterno che al limite può pure lasciare il dubbio di essere un vero profeta confuso e benintenzionato (come ogni profeta che si rispetti). In ogni caso personaggi poderosi alla PTA. Tra l' altro avevo il tuo stesso timore rispetto alla compatibilità (espressa nella tua rece di the master) tra Pynchon e PTA per VIZIO DI FORMA e per quel che mi riguarda nè è venuto fuori un po' un disastro ferroviario. Molta carne al fuoco ma personaggi impalpabili. Non so tu come la vedi... In ogni caso ti ringrazio dell'attenzione e degli stimoli VERI. Alla prossima, ciao.
Oh si, la sincerità di Dodd non l'ho messa in discussione, assolutamente. Per apprezzare a fondo un simile film ho bisogno di...credere...che il regista non possa in alcun modo lasciare spazio al dubbio che cotanti misticismi, trascendenze e soprannaturalità possano essere reali ( lo stesso vale - cioè il mio lavoro di ''rimozione'' - per the Shining...). Perciò, d'accordissimo con te.
Inherent Vice ( non ne ho ancora scritto...e mi sa che ci metterò un bel po' a farlo ) è un film felice, che sopravvive a sé stesso e al mondo : Pynchon organizza un tour de force ''gestibile'' per il grande pubblico ( mica tanto, poi ), e PTA, si, dici, bene, deraglia alla grande : siamo lontani dalla perfezione profonda di un Boogie Nights ( classico e magnifico racconto/affresco ) e di un TWBB, e altrettanto lontani si resta dal minimalismo fatti di piccole grandeur/scene madri ( o sorelle ) come Punch-Drunk Love. Inherent Vice è l'esplosione di Magnolia ( il film di PTA che, pur concedendogli ***½-****, meno mi ''convince'' ed appassiona ) : dove grazia a Dio non piovono rane, ma ( metaforicamente ) le si leccano. Ergo, uno splendido abbandono di binario e frammentazione di traiettorie. Oh, beh, certo : una semplice storia d'amore, poi.
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