Regia di Stéphane Rybojad vedi scheda film
Gran bella prova registica del francese Stephane Rybojad, che gira con mano solida e gran senso della spettacolarità una pellicola che sfrutta al massimo le location montane ai confini dell'Afghanistan. Nome saltato fuori dal circuito dei documentari, Rybojad trasla in una pellicola cinematografica tutto il know out acquisito in veste di produttore di una lunga serie di documentari sulle forze armate francesi al confine di guerra. Ne viene fuori una pellicola dalla sceneggiatura poco più che essenziale (qualcuno ha parlato di film propagandistico), ma dalla spettacolare messa in scena. Largo uso di droni, di steady cam e di semisoggettive, ma anche di rallenty e di carrellate (da sottolineare l'ottimo lavoro del montatore) che dimostrano l'apprendimento della lezione impartita a tutti da Steven Spielberg e dal capolavoro Salvate il Soldato Ryan (1998). Proprio a questa pellicola si ispira il soggetto, un'operazione di salvezza messa in atto da un commando di incursori francesi (per una volta non ci sono gli americani) chiamati a liberare da un covo talebano una giornalista transalpina. Il blitz è rapido e immediato, ma qualcosa va storto. Le radio si rompono e il commando si trova isolato nel nulla, costretto a vagare per dieci giorni circa tra le montagne pakistante e l'Afghanistan (in realtà si gira in Tagiskistan e nella Repubblica di Gibuti) con grande variazione di scenografie (pareti rocciose da scalare, deserto e neve). Alle spalle dei francesi si muovono i talebani in una costante caccia alla volpe che delinea un plot che altro non è che un point to point. Le pallottole sibilano in continuazione e quando c'è qualche momento di calma gli effetti della lunga marcia mostrano i propri segni con piaghe, assideramento e lesioni alle parti esposte all'azione del sole (gran lavoro di make up). Rybojad mantiene sempre alto il ritmo e pur non disponendo di una grande storia di fondo (soggetto visto e rivisto) regala un'ora e mezzo a grande contenuto adrenalinico alla costante ricerca del realismo. Buone le interpretazioni, con il due volte candidato all'oscar Djimon Hounsou nei panni dell'ufficiale di riferimento del commando e la bionda Diane Kruger a interpretare la giornalista da salvare a ogni costo. Come nel film di Spielberg, il commando sarà decimato, ma l'operazione andrà a buon termine. Bravo, nei panni del cattivone di turno, nientemeno che Raz Degan (della serie: a volte ritornano), qui crudele come non mai (spara in testa a vecchi, donne e persino ai suoi uomini). Bel prodotto, privo di filtri e con scene crude. Il fatto che non sia stato partorito a Hollywood è ulteriore nota di merito.
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