Regia di Emir Kusturica vedi scheda film
Molto prima de La vita è bella fu Guernica. Il celebre dipinto di Picasso, che già, nel 1950, aveva ispirato ad Alain Resnais e Robert Hessens l’omonimo drammatico cortometraggio, torna protagonista di un film. È il lavoro di diploma di Emir Kusturica, allievo ventiquattrenne dell’Accademia delle Arti dello Spettacolo di Praga. Il soggetto è tratto da un racconto dello scrittore serbo Antonije Isakovic: una storia nella quale il padre deve spiegare al figlio l’orrore della guerra. è difficile parlare ad un bambino ebreo delle leggi razziali. E quindi l’uomo fa finta che si tratti di un gioco: la fascia gialla da portare sul vestito è il simbolo dell’appartenenza ad un club, a cui tutta la famiglia è stata iscritta. E la visita medica alla quale sono stati convocati è dovuta semplicemente al fatto che uno di loro ha il naso troppo grosso. Un giorno cambieranno le regole, e toccherà a quelli che hanno le orecchie grandi, oppure i piedi piatti. L’uomo, inventandosi una favola, cerca di portare un po’ di luce in un momento di oscurità. Intorno si estende il buio che avvolge ogni cosa, e dentro il quale si scatena l’orrore, ma del quale Picasso, come il padre dice al figlio, non ha avuto paura. Ha parlato a gran voce, con il linguaggio dei colori e delle linee impazzite, del dolore che qualcuno ha atrocemente seminato. Di fronte a quel quadro, presente a Parigi nel 1937, nel padiglione spagnolo dell’Exposition Internationale des arts et techniques, inizia il percorso di riflessione sull’assurdità dell’odio, delle strade contorte che esso si scava, dentro la logica, per costruirsi false ragioni. Il genocidio si può cercare di giustificare, ad esempio, con l’anomalia delle forme: quelle pittoriche della cosiddetta arte degenerata, o quelle anatomiche delle razze considerate inferiori. Picasso, con le sue pennellate, abbraccia provocatoriamente l’aberrazione, la rende viva, visibile e parlante, e la fa urlare contro i perversi schematismi del pregiudizio. Sproporzionato è bello, non perché piace, ma perché è vero. Un naso prominente non può essere motivo di discriminazione: è un pretesto del tutto arbitrario, che una diversa convenzione potrebbe rovesciare. Il bambino capisce, alla fine, come tutta questa storia sia fondamentalmente fasulla, e, forte della sua fantasia creativa, segue l’esempio del grande maestro spagnolo. Con un collage, realizzato sulle foto dei suoi parenti, restituisce a tutti la dignità perduta, facendosi beffe di tutti i canoni estetici o presunti tali. Kusturica propone, in questo cortometraggio, la figura di Picasso come un difensore della diversità, un paladino del pensiero indipendente che non teme il confronto con la verità ufficiale, anche quando questa si paluda del nobile rigore della scienza. Emir Kusturica è cresciuto ribelle ed anticomunista nella Yugoslavia di Tito. Guernica inaugura la sua coraggiosa sfida artistica contro le ideologie, che passa attraverso il cinema, ma anche attraverso la musica, l’altra sua grande passione. Non è difficile intravvedere lui, il ragazzaccio sognatore e indisciplinato, dietro la scapigliata figura del violinista Jean-Baptiste Kirchner: un uomo stralunato che, mentre è vittima di persecuzioni, cerca di difendersi professando il suo amore per Richard Wagner. Intanto, quel contrasto tra giorno e notte, nel discorso cosmologico che fa da cornice al film, sembra voler introdurre i chiaroscuri che diventeranno il marchio distintivo di Kusturica: quelle tonalità ambigue con cui il regista, ritornato in patria, ritrarrà il suo tormentato mondo balcanico, prima oppresso dal totalitarismo, poi insanguinato da una guerra fratricida. “L’unica cosa che di te resterà saranno i tuoi film” aveva detto a Emir il suo professore di cinema. In ogni parte del mondo, il sole si nasconde, per metà del tempo. Ma c’è un bagliore di speranza che, comunque, rimane.
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