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Vita di Pi

Regia di Ang Lee vedi scheda film

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La recensione su Vita di Pi

di supadany
8 stelle

Ang Lee continua nel suo mutevole percorso creativo dimostrando una versatilità notevole con un’avventura (da produzione di prima fascia con 120 milioni di dollari di budget) sulla carta complicata da gestire tanto da essere stata giudicata dai più infilmabile.

Infatti per buona parte la scena è condivisa solamente da un giovane naufrago e una tigre, ma la ricchezza del racconto, alcune ottime scene e soprattutto una gestione di rara maestria rendono queste ristrettezze marginali.

La famiglia di Pi (Suraj Sharma) è obbligata a lasciare l’India, e quindi tutta la propria vita, e spostare gli animali del proprio zoo in Canada.

Ma durante il viaggio transoceanico la nave mercantile che li trasporta affonda ed i soli a trovare riparo su di una scialuppa sono Pi e quattro animali, tra i quali una pericolosa tigre del Bengala che il giovane conosce bene.

Per Pi comincia così una lunga sfida per la sopravvivenza; non solo dovrà pensare a non morire di stenti, ma anche a gestire la convivenza con gli istinti di un animale aggressivo e cacciatore.

 

 

Indubbiamente la pellicola di Ang Lee presenta alcuni difetti comunque impliciti nel romanzo che adatta, ma altrettanto sicuramente si tratta di una trasposizione efficace, che sfrutta al meglio le possibilità offerte da una tecnologia imponente senza che questa scardini la matrice di una vicenda che tende spesso e volentieri a guardare altrove.

Una visione che regala scorci immaginifici da perderci vista e fiato, tra cielo e mare che si compenetrano e gli effetti della natura più lontana dall’ordinarietà, una storia costruita dapprima con una brillante gestione del racconto (la prima parte introduttiva che circonda l’essenza del film tra passato e futuro con uno sfruttamento dei colori in stile indiano che surclassa in un battito di ciglia il sopravvalutato “The millionaire”) e successivamente con lo straordinario quotidiano di un ragazzino ed una tigre obbligati in uno spazio (impossibile) più che ristretto.

Tutto molto spettacolare, e soprattutto lo è in modi diversi (per esempio, tra la distruzione del naufragio e la bellezza della natura), ma sempre senza scordarsi cuore ed istinto, con il miracolo della vita e i segni della presenza di un’entità superiore a quella terrena che trovano più volte pieno risalto.

Così anche l’ora circa nella quale oltre a Pi e a Richard Parker (la tigre) non vi sono altre presenze scorre oltre la più rosea delle aspettative, e non perché passa inertemente veloce, ma perché il racconto riesce ad essere vitale e a rappresentare le sensazioni del suo protagonista principe e del felino (con una manciata di sequenze nelle quali il suo sguardo va oltre ogni parola immaginabile).

Insomma si tratta soprattutto di un’esperienza visiva suggestiva come poche, ma senza dimenticarsi del resto che occorre per fare cinema, un felice connubio tra lo spettacolo garantito (ma anche spremuto ed utilizzato con perizia) da una produzione imponente e lo sviluppo di idee inserite all’interno di un racconto esistenziale in grado di essere apprezzato da spettatori anche molto distanti per gusti ed approcci (non per niente ha incassato più di 600 milioni di dollari nel mondo).

Imperdibile (anche se non perfetto).

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