Regia di Derek Cianfrance vedi scheda film
Quando constato tutto il successo di critica che ottengono certi film di nicchia (ma proprio di nicchia) mi sento proprio un deficiente. Ma vabbè, qualche volta è pure salutare un po’ di consapevolezza…
Ecco - ad ogni modo - come la penso io dell’ultimo film di Derek Cianfrance.
Non è possibile assistere ancora una volta al drammone del figlio degenere, viziatissimo, con la faccia da schiaffi (ma forti), che segue, a modo suo, le orme del padre.
E non si può vedere proprio questo padre - 15 anni prima – indignarsi, tutt’a un tratto, per i soliti maneggi dei suoi amiconi di bisboccia (fra i quali il sempre adorabile R.Liotta) ed elevarsi, dunque, al rango del Serpico di turno (ma un Serpico diverso, ergo - come suggerirò fra breve - comunque degno di interesse).
E, soprattutto, davvero non si può proprio pensare che abbia un senso qualsiasi: a) la decisione - del padre del bamboccio - di farlo risiedere proprio nella fatidica località che custodiva il suo onorevole passato, nonché (b) la “casualità” che codesto impeccabile esemplare di "vitello grasso" abbia modo di socializzare proprio con l’incarnazione del senso di colpa del padre e che poi… (sì, avete intuito bene).
D’altro canto il film riesce, a tratti (quando meno te lo aspetti), pure ad ispirare.
- Come quando, a meno della metà del film, butta giù, in un lago di sangue, il divo del momento, ma lo fa restare in scena, benché invisibile.
Mi ha colpito, infatti, il modo in cui viene gestita la figura di R.Gosling.
Una presenza carismatica ed ingombrante (per tutti) nel I atto del film ed una presenza (comunque) ingombrante (benchè assente) negli altri II.
La scintilla che innesca la miccia. Colui che si sacrifica per primo, ma invano (ma - a seguire - quante banalità si porta con sé quella miccia!).
- O come quando (seguitando fra le poche note positive) appioppa, all’onestà, un prezzo molto elevato ed essa mette bellamente in vendita. Una vendita di successo, peraltro.
- O quando - attraverso immagini eloquenti e le parole (anche quelle mai pronunciate) - costruisce un circolo vizioso, di (de)generazione in (de)generazione.
A testimoniare che qualsiasi cosa facciamo, e dovunque siamo, la nostra ombra ci precede; e ci oscura (qualunque sia lo status sociale che ci contraddistingue).
Di tuono in tuono, un rumore roboante si propaga nell’immensità dell’America abbandonata a sé stessa.
Ebbene, una costruzione, per l’appunto, lunga ed artefatta. Ed anche un po’stantia.
Ma - per carità - bella è bella la fotografia di S.Bobbitt, non c’è dubbio.
Bastasse quello.
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