Regia di Arthur Penn vedi scheda film
Secondo film di Arthur Penn, tratto da una pièce di William Gibson sull’infanzia di Helen Keller, scrittrice e filantropa americana sordo-cieca fin dalla nascita, e sul suo rapporto con l’istitutrice Anne Sullivan. E’ principalmente un film di attori, anzi di attrici, ma l’apporto del regista rimane considerevole: Penn sceglie un bianconero molto contrastato di matrice quasi espressionista, una struttura drammaturgica di stampo piuttosto teatrale, pur interrotta da flashback onirici che riflettono i ricordi d’infanzia della Sullivan, una dimensione di estrema fisicità negli sforzi pedagogici dell’istitutrice, soprattutto nella straordinaria sequenza di 9 minuti in cui Annie riesce ad insegnare ad Helen a mangiare correttamente e a piegare il tovagliolo. La Bancroft trova qui, forse, il ruolo più significativo di tutta la sua carriera, ed è ammirevole nell’esprimere il coraggio, l’ostinazione della Sullivan nel voler riscattare Helen da una condizione quasi animalesca: l’Oscar che le fu assegnato fu certamente meritato. La giovane Patty Duke appare altrettanto brava e focalizzata su un ruolo estremamente difficile, visti i continui scatti di isteria di Helen e le sue reazioni violente, rese in maniera molto credibile: l’Academy la ricompensò con un Oscar come migliore attrice non protagonista, ma sembra che molta dell’efficacia della sua performance possa essere in qualche modo attribuita al disturbo bipolare di cui la Duke soffriva già allora (da notare che nel 1979 verrà girato un remake del film in cui la Duke prenderà il ruolo di Anne Sullivan). Il film regge molto bene ancora oggi, resta un classico del cinema sul valore pedagogico dell’educazione, forse non arriva allo status di capolavoro assoluto perché a tratti la frenesia barocca di cui è impregnata la regia può risultare un po’ eccessiva e il finale risulta di un patetismo forse un po’ consolatorio, ma nel complesso é sicuramente uno dei migliori film di Arthur Penn.
Voto 9/10
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