Regia di Josh Trank vedi scheda film
Tre ragazzi Andrew, Matt e Steve, studenti di un college, trovano uno strano oggetto dalla provenienza incerta il cui contatto infonde dei particolari poteri telecinetici. La vita dei tre ragazzi non sarà più la stessa e dovranno fare i conti con i nuovi poteri che sconvolgeranno le loro vite.
Un altro film sui supereroi? Sicuramente no. L’ennesimo film del filone degli sfigati supernormali ? Neppure. Chronicle è una bella sorpresa, un film scritto da Max Landis figlio di John Landis, che ridefinisce il paradigma supereroistico “ da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, che suona, per quanto riguarda il pantheon dei tizi in calzamaglia, come le leggi della robotica di Asimov ed è applicabile di fatto a qualsiasi potere, super o meno. Tutti i film di tizi in costume girano in fondo attorno a questo assunto, e Chronicle non è da meno.
L’impressione iniziale non è delle migliori, a dire il vero, sembra di trovarsi nell’ormai usurato escamotage del find footage dalle sporche riprese amatoriali spacciate come stile innovativo. Bisogna dargli fiducia invece e la sensazione di aridità della messa in scena sparisce con il proseguire della storia acquisendo un senso specifico e fortemente empatico rispetto all’evolversi dei caratteri dei personaggi. Lo stile è quindi quello già sfruttato dei Cloverfield o dei REC, integrando alla perfezione gli effetti speciali nella rappresentazione della realtà di vita quotidiana nella più triste provincia americana.
Girato totalmente con camera a mano dall’ottica del narratore principale, Andrew, Chronicle è un mockumentary sulla vita stravolta dei tre ragazzi. Andrew è un nerd che trova attraverso l’uso della telecamera il filtro giusto per tenere a distanza le persone, e un mezzo per enfatizzare la propria personalità frantumata da un padre alcolista, una madre malata terminale e una tendenza sociopatica latente amplificata dalla perdita del controllo causato dai nuovi poteri.
Il romanzo di (de)formazione si compie sotto gli occhi dello spettatore attraverso lo sguardo della telecamera che registra la quotidianità segreta dei tre ragazzi riplasmata dalla possibilità di volare, spostare oggetti con la telecinesi, cambiare il corso degli eventi solo con la forza della volontà. Il sogno si frantuma in incubo, la frustrazione di Andrew trova nei poteri una valvola di sfogo nella quale veicolare la rivalsa verso il mondo fino al climax finale, in un epico scontro Bene Vs Male, che conclude un crescendo di incomprensioni e violenza. Fondamentale l’uso della telecamera che isola di fatto il protagonista nella sua incompiutezza emotiva fatta di assenza di modelli di riferimento, diviso tra l’usare il potere per il propri ego o metterlo al servizio – come i supereroi dovrebbero fare – della comunità. Quello che in altre occasioni meno riuscite era un mero espediente per esibire un basso profilo della ripresa tremolante amatoriale, in questo caso le evoluzioni della macchina da presa, comandata telecineticamente da Andrew, sono più che giustificate nella necessità dell’esibire il lato narcisistico e egocentrico di una personalità borderline fino alla discesa nel maelstrom del lato oscuro dell’anima.
In un’ ulteriore chiave di lettura, il vero superpotere è la straordinaria possibilità di ripresa. Non tanto quindi il fatto di avere superpoteri, quanto il fatto di filmare le imprese eccezionali di cui sono capaci i ragazzi, è il motore del film, elevando i personaggi a fenomeni rispetto allo stato di sconosciuti nerd destinati ad un grigio anonimato lontano dalla necessità di visibilità che la moderna società voyeuristica richiede come prova dell’esistenza stessa.
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