Regia di Luciano Salce vedi scheda film
Il matrimonio di Gianni e Maretta, che si frequentano da tre anni e non sono più giovanissimi, sembra nascere sotto i migliori auspici ma affonda presto nella noia, nella routine, nella banalità quotidiana: lei vorrebbe tentare di salvarlo facendo un figlio, lui è perplesso. Il titolo sembrerebbe fare propria la cinica morale dell’amico libertino (“Ci sono le ore dell’amore e ci sono le ore della vita. Le donne confondono tutto: vogliono farci vivere 24 ore al giorno soltanto per l’amore. E invece la vita è tua, la giornata è tua: per l’amore c’è la sera, e sono anche generoso”); invece Salce sceglie di raccontare con minuzia analitica e con delicata malinconia le situazioni microconflittuali che alla lunga sono destinate a conflagrare: le tenerezze mancate, le parole non dette, le occasioni perdute. Un contesto dolentemente intimista, fatto di pranzi frettolosi, di serate passate davanti alla tv e di insulse gite fuori porta, dove neanche i baccanali simil felliniani danno il senso di una vera evasione. Ricorda un altro grande film di qualche anno prima, Nata di marzo di Pietrangeli, con cui ha in comune una specie di paradossale lieto fine che non sgombra le nuvole: forse fra lui e lei continuerà a esserci qualcosa, ma non più quello che si era sognato.
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