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Regia di Babis Makridis vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su L

di alan smithee
7 stelle

locandina

L (2011): locandina

Un uomo, un'auto, un barattolo di milele....

Un quarantenne separato con due figli, è costretto a vivere in macchina - diventata ormai la sua casa - per tentare di mantenerli dopo che la crisi lo ha ridotto ad uno stato di precariato davvero problematico.

Tuttavia l'individuo non are particolarmente pessimista, e sbarca il lunario facendo da autista ad un anziano affetto da problemi di narcolessia, e andandogli a procurare un pregiato miele da cui l'uomo pare completamente dipendente.

Nei momenti concordati incontra in un parcheggio i suoi svogliati ed interdetti due figli, li preleva e porta in macchina facendogli compiere un convulsivo giro di una rotonda, restituendoli sconcertati alla ex moglie, non meno turbata.

Quando tuttavia un contendente gli soffia il posto, e l'uomo viene a contatto con un gruppo di risoluti centauri che fanno la guerra agli automobilisti, anch'egli si converte a quella nuova tendenza, sacrificando platealmente il suo automezzo e procurandosi una moto.

Aris Servetalis, Yannis Bostantzoglou

L (2011): Aris Servetalis, Yannis Bostantzoglou

scena

L (2011): scena

La sua situazione non farà che peggiorare, soprattutto nei riguardi dei rapporti con i suoi familiari, rendendo sempre più inquieto ed instabile il comportamento di quello strano personaggio, da quel momento in rapporti con un solo suo conoscente, che, travestito da orso, alla ricerca pure lui di quel miele prodigioso che diviene l'unico conforto e l'unica ragion d'essere di una vita ormai alla deriva, tra assurdo e affanni per la sopravvivenza.

Opera prima del regista greco Babis Makridis, ritrovato al TFF del 2018 con l'altrettanto inquietante e imprevedibile Miserere, “L” inquieta e destabilizza in modo da ritenere il Mandrikis di fatto pienamente coerente con quella scuola di cinema tipicamente greca e del disagio senza controllo, portata avanti con uno stile ferino e oltre l'assurdo dall'ormai noto ed iconico Yorgos Lanthimos.

Un disagio che certamente trova nella crisi economica che ha devastato la Grecia lungo questo particolarmente depresso ultimo decennio, il suo epicentro e stimolo definitivo, spingendo i personaggi che muovono le azioni di queste storie ambigue e spesso terrificanti, oltre che a tratti tragicomiche, a trovarsi uno scopo di vita che alla fine esula da ogni raziocinio od esigenza davvero impellente.

scena

L (2011): scena

scena

L (2011): scena

scena

L (2011): scena

Quasi ad estraniarsi da una realtà che ormai, con la sua impellenza e concretezza, induce l'interessato, oberato e sin asfissiato da problematiche così imminenti e primarie, a concentrarsi sull'effimero, sul contorno, su fumose teorie che lo spingano a partecipare a veri e propri complotti in grado di estraniarlo dalle vere imminenze che, se si guarda alla sconcertante e difficile realtà, dovrebbero occuparlo più di ogni altra distrazione.

Ne scaturisce un film folle, rabbioso, tutto scatti e nervi, grottesco, inevitabilmente irrisolto, peraltro girato anche con gran perizia e splendidi tagli di inquadrature spesso statiche non meno dei personaggi che le riempiono, che non si discosta di molto dalle prime, ambigue ma notevoli opere del maestro e caposcuola della travagliata ed inquietante scuola greca, ovvero Lanthimos.

Dogtooth in particolare.

 

 

 

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