Regia di Kirby Dick vedi scheda film
Kirby Dick è noto per i suoi documentari scomodi, tesi a scoperchiare il lato scandaloso dell’America, quello di cui una parte dei suoi connazionali non vorrebbe mai sentir parlare. Le sue opere più significative sono sfide dirette contro l’establishment politico, religioso, militare, il quale, in seguito alle sue inchieste, si ritrova messo a nudo nei suoi risvolti più delicati: sono quelli di carattere sessuale, che a fronte del puritanesimo ancor oggi solidamente radicato nel Nuovo Continente, costituiscono il vero punto debole di una società mirante a proporsi, verso l’esterno, come una roccaforte di integrità morale. Dopo Twist of Faith (2004), dedicato al fenomeno dei preti pedofili, in Outrage (2009) la denuncia era stata rivolta contro le pressioni esercitate sul Congresso da una potente lobby omofoba. Con The Invisbile War – che ha ottenuto la nomination al premio Oscar 2013 – l’indagine si sposta nell’ambiente delle forze armate, dove lo stupro – perpetrato dagli ufficiali nei confronti dei loro subalterni – si rivela una pratica abituale, ampiamente tollerata dai vertici e quasi sempre coperta da una rete di connivenze ed omertà. Le vittime – più uomini che donne – non godono di nessuna protezione né assistenza legale e, qualora decidano di denunciare i loro aggressori, si trasformano automaticamente in colpevoli. Subiscono dure sanzioni, o sono addirittura costrette a licenziarsi. Per contro, i responsabili di quei delitti restano impuniti, e proseguono indisturbati le loro carriere. Kirby Dick intervista tutte le parti in causa, almeno quelle che risultano raggiungibili, perché sono personalmente interessate a farsi avanti, o perché rivestono cariche pubbliche che impediscono loro di tirarsi indietro. Mentre i violentatori rimangono nascosti dietro la facciata pulita del potere, i senza voce, a cui essi hanno letteralmente rovinato la vita, si s mettono a parlare apertamente, per la prima volta, raccontando tutti i dettagli della loro terribile esperienza. Il regista raccoglie le loro testimonianze con il rigore e la completezza dettati dal dovere di cronaca, ma in modo da non urtare la sensibilità di nessuno, né alimentare alcuna forma di sensazionalismo. La morbosità è lasciata tutta ai sex offenders, i mostri privi di identità che rimangono, in sottofondo, come minacce impossibili da estirpare. In primo piano sfila, invece, una verità che ha volto, nome e cognome, parenti, amici, amori e speranze da raccontare, in immagini e parole. La realtà è sempre innocente, quando viene esposta in modo limpido, col solo fine di informare e di rendere partecipi. Il dolore non ha bisogno di essere lavato e di indossare l’abito buono, prima di presentarsi al mondo. Un principio a cui Kirby Dick si è sempre ispirato, a cominciare dal suo controverso Sick: The Life & Death of Bob Flanagan, Supermasochist (1996). Ciò che fa male non può essere scambiato per una forma di spettacolo. E, soprattutto –contrariamente agli atti che l’hanno provocato - non è mai indecente.
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